Scrivo… Non scrivo… Scrivo… Non scrivo? Scrivo.
Scrivo perchè in questi casi so che le mie dita sono accompagnate e abbracciate da tantissime altre dita che si spostano veloci sulla tastiera del computer. La mia mano, è la mano di tanti. Le mie parole, sono le parole di tanti.
Scrivo perché ho letto quello che Marco stamattina ti ha scritto sulla bacheca Facebook. Ho pianto? Oh, puoi dirlo forte.
Scrivo perché ho letto le parole che tante persone ti hanno dedicato in questo 9 Febbraio che nessuno dimenticherà mai.
Scrivo perché scrivere certe volte è un modo per esorcizzare tante emozioni.
Cili, ciao.
È un anno esatto che tante, tantissime persone, ti abbracciano emotivamente e mentalmente.
È un abbraccio lungo un anno. Un abbraccio di lacrime e tante emozioni, di mancaza e ricordi. Ma quando ti si ricorda, la lacrima è sempre accompagnata da un sorriso.
Ognuno ti ricorda a modo suo, com’è giusto che sia.
Chi ti lascia un cuore celeste, chi con un brindisi, chi ascoltando le canzoni che ti caratterizzano. C’è chi ti ricorda per la tua dolcezza, per i tuoi sorrisi contagiosi, per le tue avventure sempre “a mille”, per la tua energia e anche per le tue follie. Di certo c’è un qualcosa che accomuna tutte quelle persone che hanno avuto l’immenso piacere di conoscerti, a prescindere dal grado di conoscenza, dalla profondità o dalla durata del legame. Tutti siamo legati dal vuoto, da quell’assenza che un soggetto come te ha lasciato perché la tua personalità è sempre stata meravigliosamente ingombrante. Se c’eri, ti si sentiva. Se non c’eri, c’eri lo stesso a modo tuo.
E ora?
E ora a un anno di distanza io aspetto ancora di vederti sbucare da qualche parte. Aspetto d’incrociarti per il paesello e trovarti lì, scaruffato e sorridente. “Oh Silvi! Allora?” Qualche chiacchiera, immancabile un tuo “palloiana di merda” e via andare, al prossimo incrocio.
Ogni tanto, anche dal niente, mi salti in mente. Ti saluto, guardo in su. La bocca dello stomaco si chiude, gli occhi diventano subito lucidi, come adesso, sento una fitta, faccio un respirone.
Il tempo non allevia nulla a mio avviso, perché ci sono dolori che scavano troppo in profondità, ci sono ferite che non si risargiscono, avoglia a dire e fare… Quando le cose vanno contro natura, non c’è una spiegazione. Si prova ad accettarle, ma Cili, sticazzi, mica facile…
C’è chi si aggrappa alla fede, al tran tran quotidiano, alle credenze, alla vita che comunque va avanti nonostante lo scossone indecente.
In un certo senso, ognuno va avanti come può.
La tua famiglia (di sangue e non) ha una forza pazzesca, ogni elemento è roccia e stampella dell’altro. Lo so che lo sai ma ogni tanto è bene ribadirle certe cose perché troppo spesso ci dimentichiamo che niente in questa vita è scontato.
Però la tua è davvero un’assenza grande, assordante quasi.
Ci sono domande che non hanno una risposta ma non è mica facile Cili, non lo è per nessuno.
Come si accetta un qualcosa di inaccettabile? Non lo so, proprio non lo so.
Ovunque tu sia; tra le onde, la neve e le nuvole, so che hai vegliato su tutti noi in quest’annata. Continua a guardarci, a ridere delle nostre “cazzate”, a ricordarci di vivere al massimo senza perdere treni, senza paura e senza tirarci indietro.
Ogni tanto vieni a farci visita in sogno, passa a trovarci a modo tuo. Siamo tanti lo so, tantissimi, ma so che troverai il tempo per tutti quanti, come hai sempre fatto.
Ti abbraccio amico mio, sii libero. Il nostro abbraccio lungo un anno, è l’abbraccio di tutti noi.
“Voy a reír, voy a bailar, vivir mi vida, lalalalà.
Voy a reír, voy a gozar, vivir mi vida, lalalalà”