Dietro al capolavoro Grassina c’è Marco Cellini. Che allena i rossoverdi da due anni, e alla prima esperienza da mister si è tolto subito la soddisfazione di centrare il salto di categoria: il Grassina è in Eccellenza.
E il tecnico (ex giocatore professionista con la maglia dell’Albinoleffe, tra le altre) ha deciso di raccontare alcuni degli aneddoti della stagione, intensa come non mai non solo per l’infinita trafila playoff, ma anche per i drammatici eventi che hanno costellato casa Grassina: le morti di Paolo Casini, lo storico presidente e uomo-simbolo, e di Fabio Franci, team manager e bandiera dei rossoverdi anche da calciatore.
Mister, è scontato chiedere a chi sia dedicata questa vittoria?
A Paolo e Fabio. Ci sono mancati tanto e ci mancano tutt’ora. Ma abbiamo sentito fortissima la loro energia da lassù. Paolo era Grassina, il punto di riferimento del paese e della società, Fabio sembrava burbero, invece era il più buono del mondo. Un uomo generoso, benvoluto da tutti, si metteva sempre a disposizione”.
L’annata era partita bene, poi sono piombati gli infortuni: addirittura tre terzini sinistri si sono rotti il crociato. Come avete fatto a reagire fisicamente e mentalmente a una batosta simile?
“E’ stato qualcosa di mai visto e veramente sfortunato. Però ne siamo usciti con la forza del gruppo e la disponibilità di tutti. Ai playoff il terzino lo ha fatto Paolo Fabiani, un 2004 che ha sempre giocato mezzala, eppure si è messo a disposizione con una professionalità veramente invidiabile. Avevamo tanti problemi fisici, in questa trafila finale: gli stiramenti di Baccini, Dini e Pierattini, ad esempio. Non avevamo fatto uscire queste notizie all’esterno per non dare coraggio ai nostri avversari. Ma abbiamo dato tutto per davvero”.
Ad arricchire la vostra annata c’è lo 0 alla voce “gol subiti ai playoff”.
“E ci rende orgogliosi. Venivamo da una regular season che ci aveva visti come la miglior difesa del girone, e nonostante tutto siamo arrivati terzi: alla fine le squadre che subiscono poco arrivano sempre, e quindi era doveroso insistere sulla tenuta difensiva riuscendo a incentivare i ragazzi a stare sulla corda”.
Quando è arrivata davvero la svolta del Grassina?
“In spogliatoio, prima della semifinale della prima gara playoff. Contro il Montagnano”.
Perché?
“Perché ho parlato a Baccini e Simoni davanti a tutta la squadra. Ho ricordato che gente come loro avrebbe dovuto trascinarsi la squadra sulle spalle e renderla più forte degli infortuni e delle tante problematiche che ci hanno sconvolto durante l’annata”.
E ti hanno ascoltato.
“Direi di sì. Simoni ha giocato quattro partite di altissimo livello, segnando 2 reti e mettendo a referto 3 assist”.
Prima della sfida contro la Sansovino, il Grassina ha ufficializzato la conferma tua come mister e di Marco Leo come direttore sportivo. Un gesto molto forte.
“Una scelta coraggiosa da parte della società e fortemente voluta da noi dello staff. Abbiamo dato compattezza e forza a tutto l’ambiente: io e Marco Leo, poi, siamo onorati di aver ricevuto questa dimostrazione di enorme fiducia da parte del Grassina”.
Al derby in finale, poi, si sono presentate oltre 1500 persone. Uno spettacolo.
“Poco da dire, è una partita che richiama sempre grande pubblico e coreografia. Le Brigate Rossoverdi hanno dato spettacolo. All’Antella auguro fortemente il ripescaggio: mi piacerebbe rigiocare il derby anche in Eccellenza”.
Immaginiamo che questa estate alcuni dei tuoi gioielli ricevano offerte di spessore. Cosa diresti per convincerli a rimanere a Grassina?
“Non direi nulla. Per me chi vuole andare via adesso da un posto come Grassina è uno scemo”.