A causa della sua innata capacità di trovarsi ovunque, nel centro e nella periferia di Grassina, Paolo Casini ha seminato ricordi in ogni ambito. Chi scrive appartiene alle migliaia di ragazzi che hanno goduto del privilegio delle sue ore di ripetizioni. Che poi diventavano pomeriggi di vita vissuta, di quelli che ti appaiono nel loro vero significato solo quando quel maledetto esame si trasforma in un ricordo da brindisi del venerdì sera, col sorriso stampato sulle labbra: libro sottobraccio, litri di paura su ogni parte del corpo, di corsa verso la casa all’angolo col bar Durini. Quello vicino alla scuola materna di Tegolaia. Paolo ti accoglie col consueto sorriso, poi si fa serio e mette su uno sguardo interrogativo: “Come siamo messi, a questo giro?”. La paura per l’esame se ne va nel giro di un’oretta, lui è un insegnante di quelli che nel calcio si definirebbero “geni modesti”: quando ha voglia di accelerare con numeri e formule, non lo fermi nemmeno con le preghiere. Ma non lo fa pesare: ti accoglie in casa non per darti sfoggio di grigia cultura, ma perché “faccio conto che tu sia uno dei miei nipoti”.
Lui, ultrasettantenne, è stato uno dei primi laureati di tutta Grassina. Tu, poco più che ventenne, annaspi dietro teoremi che in teoria avevi studiato un’ora prima. Paolo era così: se si metteva sotto coi suoi numeri, era impossibile negare che vivesse dieci minuti più avanti. O meglio, in un mondo tutto suo, di quelli che si colorano di telefonate da film di Woody Allen: “Aspetta, questo numero finisce con 560, è un mio amico di Firenze”. A lasciare allibito lo studente di turno, allora, diventava un altro aspetto: Paolo si ricordava a memoria i numeri delle persone che lo chiamavano. Senza l’aiuto della rubrica. Interruzioni estemporanee di un pomeriggio in cui, più che conoscere la matematica grazie a Paolo, conoscevi Paolo grazie alla matematica.
Chi lo ha vissuto da vicino ha imparato a chiamarlo PaoloCasini, tutto attaccato. Come PaoloRossi o DiegoArmandoMaradona. Undici lettere che andavano oltre le semplici ripetizioni di matematica. Perché, appunto, nell’animo di Paolo convivevano più istanze: quella di benefattore per il paese che ha rappresentato in migliaia di uscite pubbliche, in ogni veste. Quella di dirigente sportivo di lungo corso. E quella di ambasciatore della grassinesità ovunque, in tutta Italia: privilegio di chi scrive è quello di averlo visto piangere di commozione dopo un insensato Monterosi-Grassina, in quel di Viterbo. Altri tempi, era la Serie D: Paolo non resse all’emozione della vittoria dei suoi ragazzi, abbracciò un carabiniere laziale e si lasciò andare ad un “Mi scusi, ma è stata una domenica spettacolare. E poi, che gol abbiamo segnato?”.
Paolo Casini era l’amico geniale di tutti. Quello che ti faceva ridere perché si era svagato su un paio di argomenti di cui magari avevi parlato dieci minuti prima. Ma poi ti citava a memoria una formazione titolare datata 1979 e ti lasciava di stucco. Uno che metteva testa, sorriso e umanità a disposizione di chiunque avesse il desiderio sincero di ascoltarlo. Eccolo di giovedì sera ad un consiglio direttivo del suo Grassina, di venerdì a far da cassiere ad un evento del Partito, alla Casa del Popolo, di sabato e domenica a seguire le partite (ripetizioni permettendo). Chi ha giocato a calcio in rossoverde lo sa: Paolo Casini è stata una di quelle istituzioni a cui era difficile non voler bene, uno di quelli che abbracci prima e dopo la gara, a prescindere dal risultato. Il nonno in più. Quello del quale aspettarsi comunque la telefonata la domenica sera, per incassare un complimento o un rimprovero.
Nell’animo di Paolo Casini convivevano più componenti. Ma la sua capacità di essere così amato nel cuore del paese ha a che fare con la parola che pronunciava di più. Semplice nella sua estetica: “Grazie”. La ripeteva decine di volte anche al telefono, prima di riattaccare. Un grazie come riconoscimento per aver ascoltato un suo sfogo, a volte anche un po’ troppo pessimistico, ogni tanto sconclusionato. Ma genuino, in pieno stile Paolo Casini. Oggi a dire grazie a Paolo siamo migliaia. E lui, al piano di sopra, si limiterà a sorridere in segno di risposta, intento a ragionare di probabilità condizionate e teoremi sui limiti. Butterà un occhio a noi in segno di approvazione sincera, senza arroganza, prima di ricordarsi di telefonare per commentare l’ultimo risultato del Grassina: “Avete visto che gol abbiamo segnato?”.