Dal 2001, dove prima c’era una casa abbandonata oggi vive una comunità che ospita minori ed opera nel campo dell’inclusione sociale. Sabato 21 dicembre, per la prima volta ed in collaborazione con la Pro Loco di Tavarnuzze, ci sarà un banchino con regali di Natale assemblati dai giovani della comunità.
C’è chi arriva da lontano e chi da dietro l’angolo, in comune hanno un futuro nebuloso che può essere schiarito, ripensato, realizzato. Ci sono ragazzi che giungono dall’Africa, sopravvissuti alla traversata della speranza; chi arriva da altre zone di guerra e violenza; chi invece è italiano ma cresciuto in contesti familiari disagiati, per questo affidati a realtà che operano nel sociale. Come questa che vi raccontiamo oggi, a due passi da casa nostra: siamo a Bottai, nel Comune di Impruneta e qui, tra l’area industriale e la superstrada, resiste ancora un bel verde che odora di accoglienza. A coltivarla giorno dopo giorno è la Comunità “Amore e Libertà”, fondata nel 1988 da Don Matteo Galloni e Francesca Termanini, dal 2001 stabilitasi in questo angolo impunetino, in via di Colleramole.
Siamo stati a trovarli, per saperne di più e perché, oltre a raccontarsi, hanno qualcosa da raccontarvi. Ad accoglierci ci sono Caterina, Sabrina e Antoinette, quest’ultima coordinatrice della struttura e originaria di Kinshasa, dove ha conosciuto “Amore e Libertà” prima di trasferirsi a Firenze nel 2016; poi Don Matteo ed altre figure chiave nel successo della fondazione: attualmente la comunità ospita 10 minori, il più piccolo ha 14 anni, il più grande sfiora la maggiore età. Sono ragazze e ragazzi che vivono insieme, hanno stanze divise per la zona notte e spazi comuni per pasti, passatempo, giochi, laboratori, studio, lettura. Il centro può ospitare minorenni dagli 0 ai 17 anni ma qui Don Matteo non manda via nessuno e nel corso degli anni molti giovani diventati maggiorenni sono rimasti, vivono la loro autonomia e chiamano questo luogo casa.
Rimaniamo all’interno della comunità per circa due ore, è mattino, molti ragazzi sono a scuola: com’è una giornata tipo all’interno di “Amore e Libertà”? Colazione negli spazi comuni, zaino in spalla e si va a scuola; chi, invece, ancora non può per motivi burocratici, riceve un’educazione interna grazie al lavoro della pedagogista ed insegnante Sabrina Merenda: sono lezioni di alfabetizzazione ed italiano per abbattere la barriera linguistica e riportare il giovane a contatto permanente con l’istruzione. La figura di Sabrina, unica libera professionista che opera in struttura, è di primaria importanza in ottica di costruzione di un’identità, di passioni didattiche e di inserimento sociale dei ragazzi. Poi pranzo condiviso grazie ai piatti preparati dalla cuoca Silvia prima di “dividersi” per il pomeriggio: è tempo di compiti, c’è chi fa sport e quindi vive la società anche post-scuola oppure si realizzano attività proposte dagli educatori come laboratori manuali, pittura, letture nella biblioteca.
Da qui, dal lavoro artigianale dei ragazzi, nasce un’occasione attesa da tutta la comunità, di quelle che mette un pò d’ansia, anche perché è una prima volta assoluta: “Amore e Libertà” sarà in piazza Don Chellini a Tavarnuzze per partecipare, con un proprio banchino, all’evento di sabato 21 dicembre.
In Piazza a Tavarnuzze
Per la comunità connettersi con la società è fondamentale…e viceversa: qui, d’estate, si tengono centri estivi rivolti a tutta la cittadinanza e sempre qui, chi vorrà, potrà portare giochi, libri, manuali scolastici ed altre cose utili. Ma torniamo all’appuntamento che ci interessa: sabato 21 dicembre, dalle 9 alle 18, al mercatino di Natale di Tavarnuzze troverete anche uno spazio targato “Amore e Libertà”. In vendita, acquistabili con donazioni a partire da 2 euro, ci saranno tanti lavoretti natalizi realizzati proprio dai giovani della comunità. I preparativi sono in corso ed ogni manufatto è già sistemato in scatoloni pronti a trasferirsi in piazza Don Chellini: oltre ai prodotti da comprare, educatori e ragazzi proporranno ai bimbi tavarnuzzini un laboratorio chiamato “Colora la tua famiglia”.
Di cosa si tratta? E’ un progetto pilota con omini di legno assemblati che dovranno essere colorati per diventare la famiglia che si sogna. Un esercizio di ispirazione artistica ed apertura mentale. Sul banchino, infine, ci saranno anche dei panettoni prodotti artigianalmente dalla pasticceria Pieralli, a partire da 25 euro. I fondi raccolti serviranno per finanziare nuove possibilità ludiche e ricreative per la struttura di Bottai – come, per esempio, un calcino balilla da donare ai ragazzi oppure la sistemazione del campo da calcio – e per sostenere progetti missionari e solidali già attivi in Africa.
E’ confortante sapere che così vicino a noi, ancora, esistono realtà impegnate a costruire una società migliore, più umana e meno individualista. Nella vita ci scegliamo tutto ma non i genitori: ecco perché è doveroso scalfire il pregiudizio che, senza una buona famiglia alle spalle, si possa soltanto diventare criminali senza futuro. Don Matteo, a proposito, cita alcuni nomi di chi ce l’ha fatta, orgogli di casa, come Irene che è riuscita a laurearsi ed oggi lavora nella comunità Europea a Bruxelles o Emanuel, arrivato ai Bottai a 6 anni e diventato il primo uomo di origine africana, cittadino italiano, ad entrare nella Guardia di Finanza.
Gli operatori
E’ doveroso citare chi, ognuno con la sua piccola grande parte, porta avanti un progetto così valoroso: oltre a Don Matteo Galloni, fondatore e riferimento della Comunità, ci sono Caterina Collini, Silvia Lotti, Sabrina Merenda, Edoardo Pieroni, Antoinette Aminata Mateo, Teresa Ricci, Matteo Gibellini, Vieri Roni, Sabina Termanini Mariano.
Le origini
Le svolte personali di Don Matteo Galloni raccontano la genesi della comunità che vi abbiamo narrato. Matteo Galloni nasce a Roma il 25 luglio 1954 e già in giovane età dimostrò sensibilità verso le classi sociali disagiate: fu una visita in motorino alle baraccopoli del quarticciolo, nella periferia romana, a travolgerlo, vedendo molti suoi coetanei vivere nella malavita, nel degrado e nella prostituzione. A soli 16 anni Matteo acquistò una baracca nel borghetto alessandrino con su scritto “vendesi”, trasformandola in poco tempo in una scuola per ragazzini di strada: “Ho iniziato con 16 bambine e bambini, dai 6 agli 11 anni, quattro di loro non andavano neanche a scuola”.
In questa missione sociale Matteo Galloni si è trovato, una vocazione sociale cresciuta nel tempo alla quale si è affiancata la vocazione per il Signore: lo confessò alla compagna dell’epoca, poi ai genitori che rimasero sconvolti. Galloni andò a vivere nelle baracche del Borghetto, fianco a fianco con le persone che voleva salvare, non frequentò il seminario ma prese ben due lauree (tra cui laurea in teologia) e lavorò come operaio in borgata. Sulle tracce di San Francesco, in Umbria, ha lavorato come contadino, poi è stato missionario in Camerun e, infine, impiegato come ceramista a Sassuolo.
Matteo Galloni decise di diventare Sacerdote e qui la sua vita è cambiata ancora una volta, grazie agli incontri con Francesca Termanini e con Don Carlo Zaccaro che chiese a Don Matteo di raggiungerlo a Firenze per sostituirlo nella cura e nella gestione di 30 ragazzi: “Accettai, Don Zaccaro andava in Albania per aprire una scuola e io venni a Firenze per un anno in accordo con il cardinale Piovanelli. Dopo 12 mesi avevo già fatto le valigie quando quattro dei miei ragazzi chiesero di parlarmi, dicendomi queste parole che ancora ricordo: “Noi siamo i perdenti della vita, per un anno ci hai parlato di come si possa cambiare e ora te ne vai, sei l’ennesima fregatura e ci stai per abbandonare. Ti facciamo una proposta: se tu ci prendi a vivere con te, se ci fai da papà, noi ti ascolteremo e ci impegneremo a darci un futuro”. E’ stata una vocazione nella vocazione.
Da allora Don Matteo Galloni ha dato vita alla Comunità “Amore e Libertà” con modalità innovative come, per esempio, la presenza di femmine e maschi nella stessa struttura o la possibilità di non disperdere il lavoro svolto dopo i 18 anni. Negli anni ’90 Galloni ricorda l’incontro con Papa Giovanni Paolo II che lo incoraggiò nell’operato in Africa dove il progetto prese forma nel 1997, a Kinshasa, diventando un riferimento sociale fondamentale nella capitale della Repubblica Democratica del Congo: oggi, grazie ad “Amore e Libertà”, a Kinshasa c’è una scuola frequentata dai bambini congolesi, una chiesa che accoglie 5000 fedeli ed una struttura sanitaria divenuta a tutti gli effetti ospedale.