Abbiamo tutti controllato la nostra carta d’identità, in questi mesi.
Ci siamo guardati allo specchio con fare maniacale, alla ricerca di capelli bianchi, rughe, segni di stress.
Ma alla fine la migliore notizia ce l’ha data il calendario sulla parete della cucina. È l’ultimo giorno del 2020, abbiamo solo un anno in più (anche se addosso ce ne sentiamo duecento) e fra poche ore stapperemo comunque uno spumante, berremo un sorso per cercare di dimenticare quello che è stato e di ricordare cos’è che ci ha tenuto vivi.
Non è andato tutto bene.
No.
Per niente proprio.
Non ne siamo usciti più forti, anzi, in molti non ne sono usciti affatto.
Il 2020 che era iniziato con le ironie social da fredde serate sanremesi sulla questione Bugo-Morgan è finito con le mascherine, il distanziamento, il giallo, il rosso e l’arancione. Ma anche con un filo di speranza. Quel vaccino che in tanti hanno invocato e su cui ora fin troppi nutrono dubbi, teorie cospirazioniste e complotti multinazionali.
Il 2020, almeno matematicamente, si prospettava perfetto: ventiventi, bello anche esteticamente e fonicamente, da vedere e da sentire. L’anno delle Olimpiadi, degli Europei, talmente pieno di aspettative da vantare pure un giorno in più sul calendario. Bisesto. E quindi funesto.
Chissà cosa avrebbe scritto il buon Tacito del 2020, nei suoi Annales. Lui che raccontò la Storia di Roma dalla morte di Augusto fino alle drammatiche vicende di Nerone, in una climax ascendente di sangue, violenza e ingiustizie sociali. Il cinquantennio più tragico di Roma, iniziato con la scomparsa dell’imperatore più iconico di sempre e terminato con il rogo della Città Eterna.
Il 2020 di Tacito sarebbe stato tinteggiato di toni cupi; di incendi se ne sono visti anche qua (l’Australia ne è triste testimonianza), e di morti celebri forse è meglio non discutere nemmeno: Tacito avrebbe usato righe profonde e commoventi per ricordare la signorilità di Gigi Proietti, la magnificenza di Kobe Bryant e Diego, e anche lui sarebbe rimasto in religioso silenzio ascoltando la poesia su pentagramma di Ennio Morricone.
Fra poche ore anche Tacito avrebbe tirato la proverbiale riga in fondo al paragrafo, pronto a voltare pagina ed ad iniziare un nuovo capitolo della narrazione. Un capitolo incerto, forse leggermente più luminoso, eppure assai difficile da pronosticare: se la nostra vita fosse un romanzo di Ken Follett, probabilmente il 2020 costituirebbe quella parte in cui il Male sembra avere la meglio, a scapito del tradizionale eroe piccolo-borghese che appare in punto di morte. Eppure arriva sempre un turning point, un punto di svolta: un momento in cui le carte si sparigliano e finalmente quella dannata ruota ricomincia a girare.
Sì, la ruota deve girare.
Ci meritiamo una ripartenza. Se la meritano i cassintegrati, le Partite IVA, gli studenti universitari di cui nessuno si è preoccupato per mesi. Se la meritano i disoccupati, gli anziani che più di tutti hanno rischiato la vita, i più piccoli, che hanno perso un anno di infanzia e socializzazione.
Chi scrive questo editoriale non è un fan della religione, per usare un eufemismo. Ma ha capito quanto sia importante credere in qualcosa, per riprenderci la normalità, le soddisfazioni quotidiani e un pezzetto di futuro. Credete in qualcosa, qualsiasi cosa vi faccia sentire vivi nonostante i bollettini della Protezione Civile, la mascherina ed il coprifuoco.
Credete nel progetto della casa in cui vi trasferirete fra pochi mesi, quando nascerà vostro figlio.
Credete nella vostra famiglia, in un Dio, in un libro per il quale avete perso la testa.
Credete nello sport e nella salute, come facciamo e sempre faremo noi.
Credete nel nostro Paese e nella scienza, perché senza di essa non c’è futuro.
Credete in quel lavoro part-time, anche se costituisce un tassello piccolo e magari poco soddisfacente: anche Notre-Dame all’inizio era un mattone e un secchio di calce.
Fra poche ore sarà un altro anno, e noi non vogliamo darvi la ricetta su come affrontarlo. Nessuno sa cosa ci aspetta, neanche i nostri politici, figuriamoci noi. Non vi forniremo slogan vuoti e privi di idee, ma continueremo a batterci in prima linea per un’informazione sana, scevra da pessimismi isterici e ottimismi immotivati.
Ma con la speranza, quella sì, che la ruota ricominci a girare.
Perché, come Tacito insegna, dopo Nerone vennero Traiano, Adriano e Marco Aurelio. E Roma non fu mai così bella.
Buon anno di cuore da DCF.