Il lungo saluto a Paolo Casini comincia alle 15.30 di un nuvoloso venerdì pomeriggio di metà marzo. Le idi del mese segnano l’inizio dell’ultima partita del presidentissimo rossoverde, alla Chiesa di San Michele Arcangelo di Grassina. Classe 1947, conosciutissimo in tutto il paese anche per le tante attività insieme al Partito Democratico di Bagno a Ripoli e alla Casa del Popolo di Grassina, Paolo Casini è stato ricordato da una folla oceanica. Un funerale commosso, segnato prima di tutto dai ricordi di Don James durante la funzione: “L’ho conosciuto quando mi chiese di presentarmi a sua moglie che stava vivendo uno degli ultimi giorni. Un incontro splendido. Da lì in poi Paolo divenne un amico. Un uomo generoso come pochi, attaccatissimo al paese e al calcio rossoverde. Sapeva insistere, spesso, ma lo faceva sempre per gli altri. Mai per se stesso”.
Poi il ricordo del sindaco Francesco Casini: “Ha fatto del bene per Grassina. Ha saputo dare tanti consigli preziosi per l’amministrazione. Lo consideravo alla pari di un parente, anche se non lo era, nonostante l’omonimia. Sapeva marcarti bene, ma sempre in modo generoso e genuino. Era difficile dirgli di no”.
Paolo è stato poi portato sul sagrato della chiesa. Dove ad attenderlo c’erano tantissimi tifosi delle Brigate Rossoverdi. Cori per lui, voce rotta dalle lacrime e occhi arrossati dalla commozione in mezzo ai fumogeni. Grassina unisce sacro e profano in un abbraccio che è meravigliosa fotografia di ciò che Paolo ha creato in questi anni: un attaccamento senza precedenti alla causa rossoverde. Ecco perché tutto il paese ha voluto proseguire il proprio omaggio anche sul campo di calcio di via Bikila, praticamente adiacente alla chiesa. La bara è rimasta in mezzo al campo circondata da cori e striscioni.
Infine, un giro di campo, preceduto dai vessilli rossoverdi e seguito dal corteo delle Brigate con lo striscione “La nostra fede è la tua forza”. Quando racconteremo del funerale di Paolo Casini, della sua ultima partita (stravinta) a Grassina, ci ricorderemo che in quelle idi di marzo c’erano un paese vuoto e uno stadio pieno.