Sognare il mare, letteralmente.
Un tuffo nell’acqua cristallina del mare: e’ questo il sogno, finalmente realizzato, di Chiara, una quattordicenne che, dalla nascita, convive con la Sindrome di Ondine, una rara e complessa patologia caratterizzata da una disfunzione del sistema nervoso autonomo e, in particolare, un grave difetto dei meccanismi automatici di controllo della respirazione. Un problema che, nella maggior parte dei casi, comporta gravi apnee in grado di mettere a rischio la vita dei pazienti.
Per la prima volta, questa adolescente, seguita da molti anni dal Centro Disturbi Respiratori nel Sonno dell’AOU Meyer Irccs, centro di expertise per la Sindrome di Ondine, è riuscita a godersi una estate all’insegna della normalità, con tanti bagni e tuffi in mare aperto, come tutti i suoi coetanei. Fin da piccola, infatti, Chiara ha convissuto con la tracheotomia, un sistema che le consentiva di respirare in modo sicuro. Da un anno e mezzo, l’equipe che la segue, guidata dal dottor Niccolò Nassi, ha deciso che era arrivato il momento di passare all’utilizzo di un sistema non invasivo di ventilazione, come una “semplice” maschera da utilizzare durante il sonno. E così circa due anni fa, finalmente, è stata tolta la cannula e poi, lo scorso inverno, anche la stomia.
“Questa – racconta la mamma, Anna Maria De Micco – è stata la prima estate in cui Chiara ha potuto concedersi il lusso di un tuffo in mare aperto, senza alcuna preoccupazione. Abbiamo festeggiato l’evento con un viaggio in Grecia e poi in Sicilia, per fare dei bagni indimenticabili. Finalmente niente garze, né sondine, né borse del pronto soccorso, solo la crema solare per proteggere con particolare attenzione la cicatrice. Siamo molto felici di questo traguardo e siamo grati ai medici che hanno accompagnato nostra figlia nella sua crescita”.
Quello di Chiara è stato un percorso non sempre facile, ma grazie alle competenze dell’equipe multidisciplinare del Meyer e alla costante e amorevole presenza dei genitori, il suo è stato un percorso sereno. “Quello che dobbiamo cercare di garantire ai nostri figli è una straordinaria normalità – spiega la mamma, che è anche vicepresidente dell’Aisicc, l’associazione che raccoglie i pazienti e famiglie affetti da questa patologia rara – non dobbiamo fermarci davanti alla paura della malattia e ci vuole sempre anche una certa dose di leggerezza”.
La sindrome di Ondine. Questa patologia dal nome suggestivo prende il nome da una storia della mitologia germanica e racconta la maledizione lanciata dalla ninfa acquatica Ondina nei confronti del cavaliere che l’aveva illusa e poi tradita: la ninfa lo condannò a perdere il respiro se si fosse addormentato. In medicina, questa patologia si chiama sindrome da ipoventilazione centrale congenita (CCHS) e, secondo le stime, colpisce un bambino ogni 200mila nati. Da undici anni, l’AOU Meyer Irccs ha un Centro di expertise per fornire un adeguato sostegno medico e scientifico a tutti quei bambini e alle famiglie che si trovano a dover convivere con questa malattia. Quella realizzata a Firenze, è stata la prima struttura italiana dedicata alla CCHS e fa parte di un network che comprende i principali ospedali pediatrici europei. La grande complessità assistenziale richiesta dalla CCHS rende indispensabile il coinvolgimento di numerose professionalità che possono essere garantite solo in strutture ospedaliere ad alta specialità. Il Centro DRS dell’AOU Meyer, grazie alla sua organizzazione multidisciplinare, è in grado di programmare e coordinare la gestione clinica ed il follow-up di questi pazienti. Al momento sono diciotto i pazienti seguiti.