Hanno 24, 24, 25 e 25 anni ed hanno lanciato un progetto all’avanguardia a livello italiano per migliorare il benessere del paziente oncologico. Ecco “Lemovie” della start up Lemons in the room: dalla stanza d’ospedale ai Caraibi in un click per…
Niccolò Berni, Niccolò Cesareo-Santoro, Alessandro Napoli e Milo Zoppini sono i quattro fondatori ventenni di Lemons in the room, un progetto nato a Firenze nel 2023 e divenuto startup a gennaio 2024. “Lemons”, perché il limone è il frutto che molto spesso viene associato alla freschezza, e in questo caso rimanda all’innovazione in un settore dove, ad oggi, di innovativo c’è ancora poco. “In the room”, perché ciò di cui si occupa la startup agisce all’interno di una stanza: quella dove i pazienti effettuano le cure chemioterapiche.
Siamo stati a trovarli nel coworking di Murate Idea Park, il luogo nell’ex carcere di Firenze dove si sprigionano le idee di impresa e si realizzano le condizioni per la nascita di nuove aziende.
«L’idea nasce nell’ottobre 2023, durante un convegno sull’innovazione a Careggi», spiega Niccolò Berni, ingegnere gestionale e Innovation Manager della startup. «Stavamo facendo formazione nei reparti più critici dell’ospedale quando un giorno incontrammo il direttore di Oncologia che ci espresse il desiderio di realizzare qualcosa per i pazienti, più che per il personale».
La grande lavagna a muro è popolata da numeri, dati, percentuali, grafici: quando non sono tra le corsie d’ospedale i due Niccolò, Alessandro e Milo si ritrovano qui e lavorano, studiano, si confrontano per migliorare il progetto che vi raccontiamo e buttano giù idee, ognuno in base alla propria specializzazione. Sono i due ingegneri Niccolò e Niccolò a raccontarci “Lemovie”, ovvero un progetto all’avanguardia che, a settembre 2024, diverrà definitivamente operativo all’interno del reparto oncologico di Careggi.
La somministrazione di farmaci chemioterapici avviene a cicli che vanno dai 20 minuti a diverse ore, per un totale che varia dai 3 ai 6 mesi. I pazienti effettuano la cura per via endovenosa nei reparti di oncologia degli ospedali, in regime ambulatoriale o di day hospital. Le ore di attesa, i continui bip dei macchinari, i campanelli suonati dalle altre persone sono ciò che popola le stanze delle unità chemio, elementi inconfondibili che i pazienti oncologici faticano a dimenticare anche dopo mesi, anni dalla fine delle cure.
Il visore progettato dal team di Lemons in the room nasce proprio dalla necessità di alleviare e intrattenere il duro momento di attesa durante la somministrazione della cura chemioterapica: la realtà virtuale diventa il mezzo per distrarre il paziente, creando un’evasione calcolata che riduce ansia e può eliminare l’effetto collaterale più importante della chemioterapia, ovvero la nausea. Niccolò Cesareo-Santoro ci spiega che i primi studi relativi alla realtà aumentata in campo medico sono stati effettuati negli anni ’80 su un campione di pazienti che avevano subìto gravi ustioni: si capì che il dolore non poteva essere alleviato solo dalla morfina, ma che invece le cure mediche affiancate alla visione di paesaggi innevati – antitesi di ciò che stava accadendo al loro corpo – donavano benefici a livello psicologico, cognitivo e fisico.
Per questo, il visore altro non fa che trasportare il paziente in un altro luogo, isolandolo dai suoni dei macchinari della chemioterapia, pur restando seduto. Un lavoro accurato sull’aspetto cognitivo con la finalità di ascoltare la mente e non il corpo. Ci spiegano che i contenuti sono vari, e anche che senza provarlo è impossibile immaginarsi il mondo che c’è lì dentro.
E allora ci mettiamo seduti, indossiamo il visore e impugniamo il telecomando che serve per selezionare i comandi all’interno della realtà.
In un attimo ci ritroviamo a seguire una lezione di rilassamento e respirazione su una spiaggia caraibica. Click, cambio. Adesso siamo in mare aperto, le onde si movono scure e intorno c’è soltanto il rumore dell’acqua che rilassa. Click, cambio. Ora ci troviamo in cima a una montagna innevata, intorno qualcuno cammina o si mette seduto a osservare il panorama. Che pace. Click, cambio. Il mare meraviglioso delle Filippine. Click, cambio. C’è molta confusione, i turisti scattano foto dietro di noi, non capiamo. Ci giriamo: è la Tour Eiffel.
Togliamo il visore e torniamo nella stanza con la lavagna a muro. Sembrava tutto così reale. Anzi, era reale: sono immagini vere di scene esistenti ed esistite, riprese dal web o girate direttamente dai ragazzi di Lemons in the room, soltanto pochi “set” sono costruiti in 3d ed il programma può essere costantemente aggiornato con nuovi immaginari, vedute tropicali, visite guidate delle più belle città al mondo. Ad oggi, l’Ospedale di Careggi ha scelto di puntare sul virtuoso progetto, riconoscendone il valore ed ha 3 visori con cui, da alcuni mesi, sta conducendo la fase sperimentale del progetto.
La risposta al progetto Lemovie
Malgrado la giustificata reticenza alla tecnologia delle persone più avanti con l’età, i fautori del progetto ci raccontano risposte generalmente positive, con un grande entusiasmo per i pazienti più anziani che, grazie all’aiuto del personale ospedaliero, sono riusciti a distrarsi trascorrendo una fetta del loro tempo a visitare luoghi mai visti prima, sperimentando i diversi contenuti del visore.
Anche il centro prelievi dell’ospedale Meyer ha mostrato interesse verso l’idea: la maggior parte dei bambini, infatti, è molto impaurita dall’ago e per questo, un prelievo che dovrebbe prendere massimo 10 minuti, in realtà va avanti anche per mezz’ora. Già da settembre prossimo, infatti, partiranno le prime sperimentazioni anche per i più piccoli.
Oggi, grazie alla tecnologia utilizzata in maniera intelligente, è possibile regalare un episodio di leggerezza all’interno di una serie che per i pazienti oncologici è già più e più volte stata vista e purtroppo non cambia mai, ma anche visitare Parigi senza dover affittare un camper e far finta di girare l’Europa.