Notizie in Tempo Reale dal Territorio

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

La storia di Arianna, 25enne fiorentina: la diagnosi di tumore, il doppio autunno, poi la svolta…

Una storia personale purtroppo condivisa con molte altre persone che si trovano alle prese con malattie analoghe: ognuno ha la sua reazione nell’affrontarle ma può aiutare leggere e conoscere esperienze già vissute e fortunatamente concluse con un lieto fine.  
Articolo a cura di Giorgia Borgioli

Quando chiudo la telefonata con Arianna sono le 20, orario di cena. Apro il frigo, che faccio per cena, lo richiudo e mi siedo un attimo. Ho bisogno di calmarmi, le mani mi pizzicano dall’agitazione, un’agitazione positiva. Poi capisco cos’è: sono felice. Ma fin qui, non c’è granché di strano: ascoltare storie per poi tradurle in articoli mi ha sempre trasmesso scariche di serotonina che poche altre cose mi riescono a dare. Non c’è granché di strano, se non fosse che la storia che ho appena sentito non è una storia di quelle che ti fanno sorridere – o, men che meno, ridere – ascoltandole. Non è la storia di com’è nato l’ultimo film di Pieraccioni o del modo in cui quel comico inventa le sue battute. Questa è una storia di malattia, di una diagnosi che arriva troppo presto e si attacca a tutto, è la storia di avanti e indietro per dall’ospedale, e di capelli che cadono. Questa è la storia di Arianna Meli, una ragazza di 25 anni di Bagno a Ripoli che un anno fa scopre di avere un tumore.

Arianna studia Comunicazione all’Università di Firenze, convinta che sia la strada giusta per chi come lei ama stare con le persone. Un giorno, dopo la laurea, mentre valuta le mille strade tra Master e magistrali, il suo parrucchiere le propone un lavoro come Marketing e Social Media Manager per il suo salone in centro a Firenze e Arianna non ci pensa due volte: tra le persone che ci lavorano e tutte quelle che passano di lì come clienti, quello sembra proprio un posto perfetto per lei. Inizia così il primo vero lavoro di Arianna, dinamico e socievole come lo aveva sempre immaginato. I mesi passano, e con loro le giornate frenetiche tipiche di una ragazza di 25 anni che si barcamena tra lavoro, uscite con gli amici, famiglia e sport. Arianna sfreccia a destra e sinistra per Firenze, esce da lavoro e corre in palestra, poi il sabato va a ballare e la domenica è il giorno in cui sta coi genitori e il fratello poco più piccolo di lei. 

In tutto questo caos, Arianna inizia a percepire che il suo corpo non è quello di sempre. Sentivo che c’era qualcosa, ma la lasciavo lì da una parte e continuavo con la mia vita di sempre. E così, iniziano i primi sintomi, e Arianna inizia a sentire un forte dolore alla clavicola. Ma avevo iniziato ad usare il motorino, perciò pensavo di aver preso freddo. E anche qualche linea di febbre, ma sarà sicuramente stanchezza. 

Poi, arriva il momento della trasferta di lavoro: Arianna va tre giorni a Milano con i colleghi. Quando torna è ko, non le rimane neanche mezza forza. Il padre lo vede subito che è distrutta come mai l’ha vista, e vuole portarla in ospedale. Ma lei non molla, dai lasciami stare, sono solo stanca, domani è tutto passato. Lui però non è convinto e le chiede di togliersi la maglietta per vedere se quel dolore ha qualche manifestazione visibile. Arianna, a quel punto, non riesce neanche ad alzare il braccio. La parte corrispondente alla clavicola sinistra è gonfia in modo preoccupante.

È il 19 marzo 2024, e Arianna entra all’OSMA di Ponte a Niccheri per la prima volta.

Qui, nel normale caos del pronto soccorso, un infermiere la fa passare avanti a tutti e la visita. Le chiede se è stata morsa da un cane, da un gatto, se nei giorni precedenti ha subito un forte trauma, se il suo ciclo è regolare: ma che cavolo di domande sono, niente di tutto ciò, risponde lei. È solo a questo punto che inizia a capire che c’è qualcosa di più. Poi la visita del medico e quelle parole: la ragazza è piena di linfonodi, va messa su una barella. Alla parola “linfonodi” Arianna sbianca, conosce l’associazione tra quel termine e il tumore. Niente adesso lascia spazio a dubbi. 

Passa la notte sveglia in ospedale a messaggiare con i genitori, lei insieme alla sua diagnosi già certa. Non c’è più niente da fare e basta, sarò una delle tante malate che passano gli ultimi giorni della propria vita in un letto di ospedale, proprio come si vede nei film, si ripete. Dopo pochi giorni, i risultati della tac, e stavolta la diagnosi arriva per davvero. Prima ancora che la dottoressa gliela comunichi, Arianna ha già capito. Torna nella stessa stanza in cui qualche tempo prima era iniziato tutto, la dottoressa le dice quel che mai avrebbe pensato di sentire: C’è una massa molto grossa nel mediastino, lo spazio mediano della cavità toracica, compreso fra i polmoni.

È il 26 marzo 2024 quando Arianna viene ricoverata all’ospedale di Careggi, dove le viene effettuata una biopsia che risulta essere un’operazione vera e propria. Diagnosi: linfoma.
a destra la prima ricrescita dei capelli dopo la chemio

Da qui, Arianna si ritrova nel reparto di ematologia. Inizia per lei un periodo difficilissimo, durante il quale è un riccio chiuso e spinoso come non lo è mai stata. Non accetta contatti con l’esterno, rifiuta le chiamate di chi ha già saputo e di chi vuole sapere, di familiari e amici. E’ solo in cerca di un motivo, una spiegazione di tutto ciò che le sta accadendo e che però non arriverà mai. Fumi? No. Bevi? No. Hai fatto uso di stupefacenti? No. Mangi male? No. Hai familiarità con malattie di questo tipo? No. No. No. La risposta di Arianna è sempre no. 

Il tempo passa, e Arianna chiusa in sé stessa pensa e ragiona e capisce di star sbagliando qualcosa. Alza la testa, si guarda attorno e vede che le persone accanto a lei sono tutte tristi. Vede che lei è triste e nessuno la sta più cercando. Il vero punto di svolta, ci racconta Arianna, avviene un giorno in cui la zia Claudia va a trovarla a casa. Arianna è arrabbiata, non la vuole vedere come non vuole vedere nessun altro.Non pensavo di vederti così bene, le dice stupita la zia. E da lì, da quella frase, per lei tutto cambia. Inizia a capire che forse non è sempre e per forza come si vede nei film, che forse lei la malattia può affrontarla in modo diverso. E allora inizia a uscire, torna a vedere gli amici, va a fare capolino al Salone. 

La prima terapia in ricovero va nel peggiore dei modi. La borsina dentro cui c’è il macchinario con la terapia attaccata – che lei chiama la sua borsetta Chanel – è collegata con un tubicino al Picc che permette un’infusione lenta per 24 ore no stop per 5 giorni. Ma da cinque, i giorni in cui deve restare lì dentro diventano quindici, per via di un’infezione dovuta al tracollo dei suoi valori in pochissimo tempo. Sono due settimane di isolamento in una stanza senza finestre, accanto a una compagna di stanza molto, troppo silenziosa. Per lei, che di anni ne ha 30 e questa non è la sua prima volta, la sua malattia è divenuta la sua vita. I primi tre giorni le due non si rivolgono parola, poi senza che Arianna le chieda niente, la compagna di stanza le dice che sta perdendo anche le sopracciglia, oltre ai capelli. Inizia a parlarle della sua malattia, che poi è la stessa di Arianna ma intrappolata in due corpi e a due stadi differenti. È in questa stanza senza finestre che Arianna, il penultimo giorno, vede cadere i suoi primi capelli, come se stesse vivendo un doppio autunno.

I cicli di chemioterapia continuano fuori dal ricovero, a casa, dal lunedì al venerdì. Un giorno di inizio estate, mentre Arianna è in macchina col padre, i finestrini aperti le fanno svolazzare i capelli sulla giacca nera. Amore, che ne dici se andiamo a farci un bel taglio corto? Tanto sei bella lo stesso. E così vanno nel salone dove Arianna ha lavorato fino a poco tempo prima, con le sue persone che sono lì ad accoglierla. Le tagliano i capelli cortissimi, e quel taglio alla parigina ad Arianna non dispiace per niente. I giorni passano, la terapia continua e i medicinali si moltiplicano. Arianna inizia a trovare capelli ovunque: in doccia, sul cuscino la mattina, sui vestiti. È arrivato il momento. Chiama un suo collega e lo fa andare a casa, prima sta ai capelli del fratello Lorenzo e poi tocca a lei. Tra una risata e l’altra, Arianna si rasa completamente la testa. Si guarda allo specchio e vede un’altra sé. Un’Arianna nuova, bella e sorridente.

Il quarto ciclo inizia insieme all’estate, e a quel punto il corpo di Arianna è stremato. Ma lei non vuole fermarsi, vuole continuare a camminare per tornare per tornare a vivere meglio di prima. Per cinque mesi, insieme alla sua mamma e al suo papà, attraversa Firenze da sud a nord ogni giorno per analisi, controlli, terapie. Quello che vuole adesso è che le persone sappiano che sta bene. E quindi, un giorno, va in un negozio insieme alla sua mamma Sonia. Si prova due, tre parrucche. Si gira verso la mamma, si guarda, si riguarda, e le lascia lì. Indossarle significherebbe per lei non accettare cosa le sta capitando. E lei invece deve e vuole accettarlo, proprio perché accettarlo le serve per andare avanti. A mamma Sonia non deve dire niente, oramai si capiscono anche in silenzio. I turbanti sono un’ottima alternativa. Ne trova diversi, tutti con fantasie differenti e coloratissime. Arianna si guarda, gonfia dal cortisone ma dimagrita dalla malattia, e si piace. 

Oramai è luglio, e il caldo la costringe a mettersi canottiere che le mettono in mostra le spalle ossute. Ma a lei non importa niente, si piace anche così. Quel che non le piace invece è quel taglio corto nascosto dai turbanti colorati. Quando è fuori la fanno pensare solo a una cosa: gli altri capiranno. Arianna non accetta che le persone la possano incontrare per strada. Da Marcello, la sua pasticceria del cuore, non ci va più per paura che le persone possano vederla, e capire. Preferisce frequentare il centro di Firenze, dove può girare tranquilla senza che nessuno le chieda niente. Se qualcuno mi chiedeva qualcosa io non avevo problemi a raccontare la mia storia, quello che non accettavo era lo sguardo. Non volevo trovarmi di fronte a una persona che mi conosceva e pensava: poverina. 

Fino a qualche giorno fa, quando ero al bar con un amico era un continuo guardarmi intorno. Pensavo: oddio, e se quello non lo sa? Adesso me lo chiede. Lei è un anno che non la vedo, sicuro adesso viene e mi domanda. E allora sono tornata a casa e ho detto basta, ho preso le foto che mi rappresentano in questo periodo e ho fatto un post su Instagram. Sui social sono stata spettatrice per tutto questo tempo ma ora, dopo un anno, ho avuto bisogno di espormi per me, per Arianna, perché in questo modo ho riscontrato il bene di tantissime persone che non sapevano o non mi hanno voluto scrivere. C’è chi non è riuscito a farlo perché non sapeva cosa dirmi, chi è rimasto in ombra, chi non l’ha fatto perché non voleva invadermi, e chi per altri mille motivi. E io li apprezzo tutti, uno ad uno. Adesso, dopo aver pubblicato il post, le persone mi trovano per strada e mi dicono: dimmi solo come stai, non mi dire altro, ho visto il post. Mi salutano con la gioia di salutare l’Arianna di tutti i giorni e questo mi fa tirare un sospiro di sollievo. È stata la difficolta più grossa per me.

Oggi, dopo quasi esattamente un anno dalla diagnosi, Arianna sta bene, ed è tornata a lavorare nel suo salone fiorentino. Alla fine della chiamata, Arianna mi continua a ripetere che per lei, la cosa che l’ha fatta stare più male di tutto ciò, è stato proprio pensare agli altri. A quanto potessero preoccuparsi per lei, a come potessero reagire alla notizia della malattia. Mentre facevo i cicli costringevo i miei genitori ad andare a lavorare e mio fratello a fare la sua vita da diciannovenne, solo così io potevo stare bene ed essere felice, mi dice sorridendo.

Dalle parole di Arianna sembra che la malattia sia stata messa a tacere da tutto ciò che questa terribile esperienza le ha insegnato. La voglia di vivere, il coraggio e l’energia di camminare dritta per arrivare a un obiettivo finale ben preciso – quello di guarire – sono stati per lei più forti di qualsiasi altra cosa. Mentre cucino la  mia cena continuo a pensare a com’è possibile che mi senta così positiva e felice dopo aver ascoltato tutto questo. Poi penso che sarebbe esattamente ciò che lei vorrebbe vedere da chi ha intorno, e allora va bene così. La mia torta salata è pronta e io stasera sono davvero felice. 

Torna in alto