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Elezioni comunali

Iacopo Zagaglioni, il ripolese che rifiutò la Juventus per amore della Florentia Viola…e quell’anno con Astori

Articolo del giornalista fiorentino Lorenzo Sarra






Interviste sulla Gazzetta dello Sport, amici che diventano tifosi, «benedizioni» di importanti giornalisti («...fa capire di avere talento, autentico talento», scriveva su di lui Alessandro Rialti), offerte da club pluriscudettati: una «sbornia di successo» difficile da smaltire per un ragazzo appena 17enne.

«Potevo essere il De Rossi della Fiorentina»,

…scherza con una punta di rammarico Iacopo Zagaglioni. Il suo nome oggi non dirà molto agli aficionados gigliati, ma nella lontana estate del 2002 – quella del fallimento della società viola e dell’alba dell’era Della Valle – in città si faceva davvero un gran parlare di questo cursore di centrocampo dal gol facile, nato a Bagno a Ripoli e da sempre innamorato della maglia della Fiorentina. Quasi una seconda pelle: «Ricordo le corse da raccattapalle per accaparrarmi i pantaloncini di Batistuta. Ma c’erano sempre troppi bambini ad assalirlo, al massimo riuscii a conquistarmi quelli di Padalino».

Reti, assist, scivolate, convocazioni in nazionale («In under 19 mi fece impressione Montolivo: un controllo palla da Zidane»): sembra solo l’inizio di una carriera da «bandiera». I presupposti, del resto, ci sono tutti: «Il primo anno in viola ero in rosa con quelli più grandi, la mia categoria non era ancora prevista – racconta Zagaglioni, classe 1985 – Feci tutta la trafila da difensore, trasformandomi poi in centrocampista, fino ad arrivare alla primavera con mister Chiarugi».

In quel ritiro, però, succede il patatrac cecchigoriano: «Ad un certo punto i telefonini cominciarono a squillare in continuazione…». Sono procuratori e dirigenti di altre squadre italiane, «squali» a caccia dei talenti viola da depredare alla ormai «defunta» Fiorentina: «Andarono via quasi tutti, tra cui il portiere Viviano al Brescia. Io fui cercato dalla Juventus. Strapparono mio padre dalla vacanze all’Elba per mostrargli la sede e convincermi a firmare». Il ds Giovanni Galli riesce però a trattenerlo: «Mi disse che credevano in me: sentivo di poter far parte della rinascita della Fiorentina. Fu una scelta di cuore». Giorni caotici. I pochi ragazzi rimasti vengono catapultati tutti ai campini di viale Paoli, per preparare la C2: «Ero studente al liceo scientifico Gobetti, mi sembrava irreale allenarmi con Di Livio. Mancava tutto: comprarono di fretta divise e palloni».






Zagaglioni, in mancanza di attaccanti di ruolo, viene provato nei primi allenamenti come punta: «Segnai una doppietta in partitella. Alla prima amichevole a porte aperte al Franchi, con 10mila persone in tribuna, mister Vierchowod mi schierò ancora in avanti al posto di Quagliarella. Mi procurai un rigore e Di Livio, che veniva da un mondiale, mi disse: Zaga, battilo te… Ovviamente lo sbagliai», ci ride su Iacopo.

Arriva la firma sul contratto da «pro» ed il magico esordio ufficiale del 21 agosto contro il Pisa, quello in cui gli ultras nerazzurri esposero la coreografia «Rip Fiorentina»: «I compagni di classe prepararono uno striscione con scritto Forza Zaga. Ho ancora negli occhi il saluto sotto la Fiesole… Mia mamma ha un faldone pieno di foto ed articoli. Giocai tutti i match di Coppa Italia».

La «Florentia Viola» ha però fretta di risalire. Vengono acquistati giocatori esperti, gli spazi si riducono. Il ripescaggio in B dell’anno successivo è la pietra tombale sulla sua carriera a Firenze. Comincia così il valzer dei prestiti. Prima a Gualdo («Un bellissimo anno di serie C, ma quante botte prendevi in campo…»), poi ancora tra i professionisti nel Pizzighettone: «In Lombardia abitai insieme a Davide Astori. Era appena 20enne e dividevamo la casa: veniva dal Milan, ma non era per niente montato. Un ragazzo educatissimo, rispettoso. Purtroppo quell’anno retrocedemmo, ma è bello avere il ricordo di una stagione con un campione come lui».

Dopo, la grande occasione, a Perugia: «Calcio vero: mi capitò di giocare un match contro il Napoli, davanti ai 60mila del San Paolo. C’erano però anche gli aspetti negativi. Ricordo una trasferta in cui perdemmo. Ci chiamò la questura: vi stanno aspettando mille tifosi allo stadio. Ci toccò andare in ritiro…».

Dopo otto anni da professionista, nel 2012 Iacopo è tornato calcare i campi dei dilettanti: «Ho chiuso in serie C a Prato, ma gioco ancora. Ho preso il patentino Uefa B per allenare, per adesso però sto bene in campo». Nonostante il covid: «Non voglio che sia la pandemia a farmi smettere. Ora sono al Grassina, in serie D. È un’annata strana: facciamo tamponi tutte le settimane, capita a volte di allenarsi in dieci, a causa delle quarantene obbligatorie. È stressante, ma la passione per il pallone è sempre la stessa di quella serata al Franchi nel 2002».

Foto di “Pone web photo”
Foto di “Pone web photo”

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