Se John Denver fosse ancora tra noi e dovesse adattare la sua celebre “Country roads” al territorio di Impruneta, farebbe una certa fatica. Chiedere alle strade di portarlo a casa, “take me home”, come dice nel coro, sarebbe arduo, dati i semafori e buche di cui sono piene le due Imprunetane, ma sicuramente esse gli parrebbero di colpo le rilassanti e larghe strade del West Virginia se paragonate alla nuova circonvallazione.
Dopo un’attesa messianica, e dopo continui rimandi sull’apertura che rendevano davvero quest’opera intrisa di millenarismo, sabato mattina il secondo lotto della tangenziale imprunetina è stato finalmente aperto, sebbene il traffico veicolare in realtà vi fosse consentito già dal mercoledì precedente. Le restrizioni dovute al Covid e l’impossibilità per la cittadinanza di partecipare in massa sono state in questo caso una manna, poiché hanno probabilmente evitato pompose cerimonie poco adatte al contesto, e il tutto si è risolto con un sobrio taglio del nastro e poche parole di circostanza da parte delle autorità presenti.
Infatti c’è ben poco da festeggiare: questa circonvallazione vede la luce dopo un iter progettuale durato 21 anni, il cui terreno era stato preparato da almeno un paio di decenni di dibattito. Alla fine la montagna ha però partorito un topolino, o meglio un mostro, termine molto usato dagli imprunetini sui social in questi giorni.

Il nuovo tratto, costato poco più di 2 milioni, contiene una quantità impressionante di difetti, problematiche e carenze, per i quali dobbiamo ringraziare gli illuminati tecnici che sono stati in grado di progettare un simile disastro. Dal semaforo nell’intersezione con via di Fabbiolle (forse l’unico semaforo al mondo su una tangenziale del genere) alla mistica immissione in via Veneto, dalle barriere fonoassorbenti del Desco alla pendenza da salto con gli sci, dalla mancata realizzazione del marciapiede ai mancati lavori per addolcire la discesa dal parcheggio di via Roma, questa strada contiene il peggio che ci si potesse aspettare, e dimostra come purtroppo Impruneta sia un faro della cattiva amministrazione anche quando la responsabilità non è del Comune ma di soggetti esterni (anche se è bene ricordare che tutto il pacchetto circonvallazione era ben noto alla Giunta almeno dal 2016, anno in cui con una delibera unanime il progetto venne approvato).
Criticare è giusto e necessario, ma adesso ahinoi serve a poco. La strada c’è, e comunque da una parte bisogna essere contenti perché rappresenta un piccolo progresso per il capoluogo. Proprio qui sta tuttavia il punto centrale della questione, poiché la circonvallazione nasce con l’idea dichiarata di liberare il centro storico dal traffico e di avviarne una progressiva valorizzazione turistica.
In primis, è tutto da vedere quanti veicoli in meno davvero transiteranno per la piazza, poiché la scomodità su più fronti della tangenziale non inviterà molti a modificare il vecchio percorso, soprattutto chi è diretto verso Tavarnuzze. In secondo e principale luogo, per offrire un centro storico ai turisti ma anche agli imprunetini bisogna che esso sia degno di tale nome, e quello di Impruneta purtroppo non lo è affatto.
I marciapiedi di via Mazzini e via Vanni (transennato da 6 anni!) sono uno spettacolo da terzo mondo, così come il manto stradale della provinciale prima di piazza Buondelmonti; nell’arteria più ricca di negozi, via Paolieri, la Fattoria Alberti in quello stato regala al paese uno squallore senza fine, oltre a orde di topi, e se fosse dipeso dall’Amministrazione poco più su nelle stesse condizioni avremmo anche la materna di via Roma; la Barazzina è lasciata al suo destino insieme alla Pagoda ivi contenuta, per la quale sembra che si voglia proporre un altro bando, dopo i 4 già andati deserti, per farci un bar e affidare al malcapitato offerente la gestione di tutto il parco.
A tutto ciò si deve aggiungere, sebbene qui la palla passi ad altri soggetti, la totale chiusura della gran parte degli ambienti del complesso della basilica, un danno enorme a quello che potrebbe essere un fiorente turismo legato al circuito del sacro.
La futura (?) apertura dei restaurati Loggiati si spera possa essere un momento di svolta, ma non c’è dubbio che se non si interviene sul decoro urbano, sulla riqualificazione degli immobili, e se non si avvia un vero piano di rilancio del paese che abbia nel centro storico il suo cardine, allora potremo fare tutte le circonvallazioni che vogliamo, ma resteremo sempre una meravigliosa potenza mai trasformatasi in atto.