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Dpcm, il grido di allarme dei 1.500 circoli Acli e Arci: “Senza aiuti rischiamo di morire”






“1.500 circoli rischiano di morire e con loro la rete sociale che sostengono, soffocati dalla mancanza di aiuti economici e dalla poca chiarezza da parte del Governo”,

è il grido di allarme che Acli Toscana e Arci Toscana lanciano dopo l’entrata in vigore delle nuove misure adottate dall’esecutivo per contenere la seconda ondata della pandemia.

“Ad oggi – commenta il presidente delle Acli, Giacomo Martellipermangano nei provvedimenti del Governo, anche nell’ultimo emesso ieri, riferimenti non chiari rispetto alla nostra tipologia associativa e all’esercizio delle attività di interesse generale. Una situazione di incertezza assurda per tutti i nostri circoli ricreativi e culturali che fanno parte della tradizione toscana e con una identità ben definita all’interno del Terzo Settore”.

I circoli Arci e Acli si sono attivati “da subito e responsabilmente, anche prima delle disposizioni normative, limitando le proprie attività, adoperandosi per un attento rispetto delle linee guida, adottando specifici protocolli anti contagio, formando i propri dirigenti e i volontari. Durante il lockdown molti di loro hanno contribuito alla coesione sociale delle nostre comunità con una particolare attenzione alle categorie di persone più vulnerabili”, aggiunge Martelli.

Pensate ad esempio alle spese che ha dovuto sostenere una struttura come quella del Circolo di Antella o di qualsiasi altra realtà sociale del territorio: igienizzanti mani, plexiglass al bancone del bar e alla cucina del ristorante, DPI per dipendenti e volontari, cartellonistica e quant’altro viene richiesto dal momento.






“Le nostre associazioni rappresentano – prosegue il presidente Arci Toscana, Gianluca Mengozziun tessuto associativo di comunità, un presidio del territorio, una insostituibile rete di volontariato che opera per la coesione sociale.

Siamo uno stabile riferimento della Pubblica Amministrazione e sosteniamo con solidarietà e beneficienza molte realtà del territorio. Tutto con le risorse delle proprie attività di autofinanziamento e senza gravare sui bilanci pubblici. Ma è diventata ormai necessaria e urgente una chiara collocazione dei nostri presidi all’interno delle misure di sostegno per garantire la continuità della nostra funzione, anche in vista dell’importante intervento di tenuta sociale e di contrasto delle conseguenze della pandemia che vedrà le nostre associazioni agire con ancor maggiore intensità nei mesi a venire”.






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