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Visitare la Toscana / 5 cose da fare sul Monte Amiata

CLICCA QUI PER VEDERE IL NOSTRE REEL SULLE 5 COSE DA FARE ALL’AMIATA






Il Monte Amiata è suggestione. 
E’ natura, tanta e incontaminata, perfetta per chi rifugge la calca e ama il trekking. E’ storia, con i suoi borghi medievali e l’impronta lasciata dagli Aldobrandeschi. E’ il misticismo della foresta, luogo di riti di passaggio e avvenimenti fantastici. E’ leggenda, come quelle nate nel corso del tempo e tramandate fino a noi, conservate dagli amiatini, ricordate ai viandanti.

Sul Monte Amiata c’è materiale a sufficienza per vivere 4-5 giorni e per ritornare cambiando stagione o cercando una festività tradizionale specifica come Rievocazioni Medievali o Sagre, del fungo e della castagna per esempio (per i sagraioli consigliamo l’Autunno come stagione perfetta!).

Noi, di questo periodo estivo, vi consigliamo “5 Cose da fare” sul Monte Amiata, alcune di queste chiaramente un dovere se passate da queste parti, nella cosiddetta Montagna Madre: ovvero l’antico vulcano spento, che ha allevato una grande famiglia di uomini e donne.

1 – Raggiungere la vetta del Monte Amiata

…dove si innalza la croce, ad oltre 1.700 metri, il punto più alto di quest’area meridionale della Toscana. Dalla Croce il panorama è di una vastità incalcolabile e vi si ammirano Maremma e Val d’Orcia. Il monumento in ferro è alto 22 metri ed è stato realizzato tra 1900 e 1910: la sua costruzione fu decisa in seguito alle indicazioni di Papa Leone XIII che, al fine di festeggiare l’Anno Santo del 1900 commissionò 20 monumenti in altrettanti luoghi di montagna, uno per ogni secolo trascorso. Qui, alla croce, ci si può rifocillare dopo la salita a piedi o dopo un trekking impegnativo, chiedendo specialità della casa ai baracchini in legno presenti. Qui, durante la stagione estiva, parte anche la pista di Downhill.

Seguendo il percorso dopo la Croce, infine, si arriva ad un secondo monumento, ben più piccolo ma altrettanto meta di pellegrinaggio: “La madonna degli Scouts”, fatta erigere nel 1961 e situata su una roccia, trovò collocazione dopo un pellegrinaggio di dieci giorni in varie località della Maremma.






2. Visitare il paese di Santa Fiora.

Santa Fiora è il paese dal quale nasce il fiume Fiora e vanta l'”etichetta” di “Borghi più belli d’Italia”. Di fatto, lo è: per chi ama perdersi nelle viuzze in pietra, tra archi e chiesette, scalini sconnessi e anfratti da cartolina. Santa Fiora ha numerose particolarità che non si ritrovano in altri borghi toscani: la prima è la sua suddivisione in terzieri, ovvero tre sotto-parti di un paese unico. I terzieri sono: Castello, Borgo e Montecatino. Altra particolarità di Santa Fiora è la seguente: il borgo è costruito per almeno due terzieri su rupi trachitiche ( rocce effusive neovulcaniche) che ben si vedono dal terziere più basso. Da Montecatino, infatti, la roccia – illuminata di notte – domina la vista.

A proposito di Montecatino: quest’angolo di borgo ospita la cosiddetta Peschiera che raccoglie le acque sorgenti del Fiora e intorno alla quale sorsero impianti manifatturieri preindustriali. E’ sicuramente tra i “monumenti” di Santa Fiora da vedere, l’entrata è a offerta libera e da questa gigantesca vasca dove nuotano piccoli anatroccoli si ha un’ideale vista sui terzieri superiori!

3 – il Centro tibetano Merigar

Il Monte Amiata, come ogni montagna che si rispetta, ha una forte impronta spirituale. Anche per questo è stato scelto dal maestro tibetano Chögyal Namkhai Norbu come luogo ideale per dar vita, nel 1990, al centro Merigar West che significa letteralmente “Residenza della montagna di fuoco”. Qui, in quest’area, il rumore della natura sovrasta quello dell’uomo ed il silenzio, nel rispetto del pensiero e della contemplazione, è fortissimo (e bellissimo). Merigar è il luogo dove si diffonde l’insegnamento del pensiero Dzogchen, portato avanti da Namkhai Norbu: Dzogchen non è una religione – di fatto siamo in una comunità laica – ma si ispira ai principi dell’autoconsapevolezza.

Il Centro tibetano è caratterizzato da più strutture fondamentali: il Gönpa, anzitutto, ovvero il “tempio della contemplazione”, struttura centrale dove avvengono corsi, seminari e lezioni di yoga e delle altre attività previste all’interno di Merigar (CLICCA QUI). Realizzato su una base ottagonale, l’ingresso del Gönpa è verso Est, dove sorge il sole e dove il Buddha rivolse lo sguardo al momento dell’illuminazione.

Altre strutture presenti, disseminate nell’area, sono gli Stūpa: Il Chörten (mchod rten), in sanscrito stūpa, è una rappresentazione simbolica, a tre dimensioni, della mente illuminata del Buddha e spesso ha funzione di reliquiarioDal 3 ottobre 2018, il Grande Stūpa dell’illuminazione accoglie le spoglie del Maestro Chögyal Namkhai Norbu.






4 – I bagni di San Filippo

La cosiddetta Balena Bianca per la sua forma che ricorda il gigante dei mari, la bocca in particolar modo e per il colore marmoreo creato dalla formazione calcarea della roccia. I Bagni di San Filippo sono secondi, per “fama” e attrattivi turistica, alla vicina Saturnia e per questo più accessibili e meno caotici. Noi ve li consigliamo! Raggiungendo il piccolo borgo di San Filippo, anch’esso meritevole di una rapida visita, si scende verso l’altezza del fiume dal quale sgorga acqua calda. Ideale per un’intera giornata di relax o per un pomeriggio accompagnato da un aperitivo / cena in uno dei locali del borgo.

La temperatura dell’acqua raggiunge i 48 gradi e varia a seconda della “pozza” nella quale decidete di immergervi. Sul fondale troverete il fango da spargere sul corpo con effetti benefici per la pelle.
LINK GOOGLE MAPS PER RAGGIUNGERE LA BALENA BIANCA: CLICCA QUI

5 – I devastanti tortelli di castagna

Passiamo al gusto, perché dopo tanto girovagare, la fame vien naturale. E allora, date retta a noi, saggiate il tortello di castagna. La premessa è sinonimo di qualità: qui, la castagna è IGP (Indicazione Geografica Protetta) ed è tra i prodotti Eno-gastronomici tipici della Toscana. La zona di produzione della Castagna del Monte Amiata IGP comprende i comuni di Arcidosso, Castel del Piano, Castell’Azzara, Cinigiano, Roccalbegna, Santa Fiora, Seggiano e Semproniano in provincia di Grosseto e Abbadia S. Salvatore, Castiglione d’Orcia e Piancastagnaio in provincia di Siena.

Per andare sul sicuro, visto che lì li abbiamo assaggiati e vi possiamo dare un parere mirato, vi consigliamo “Il Barilotto” di Santa Fiora (prenotate!) dove i tortelli son realizzati in maniera casalinga, anch’essi in farina di castagna, ripieni di castagna, a scelta tra ragù di cinghiale o porcini (altro prodotto tipico). Tanta roba noi vi s’è detto ma per capirlo vanno solo azzannati!

E poi? Il Monte Amiata offre chiaramente altro anche se noi ci siam limitati a raccontarvi cinque momenti, luoghi, esperienze da vivere in questo periodo dell’anno. C’è la possibilità di visitare il castagno secolare di Santa Fiora, inserito nell’elenco degli alberi monumentali oppure di partecipare, a dicembre, alle fiaccole di Abbadia San Salvatore ovvero cioè alte pile di legna accese dopo il tramonto della sera del 24 dicembre, antica tradizione millenaria che lega gli abitanti a riti ancestrali. Un altro luogo e un’altra storia, per concludere, ve la vogliamo raccontare: Il Convento della Santissima Trinità alla Selva, a circa 5 km da Santa Fiora.

La leggenda

Questo luogo di fede, aperto adesso soltanto la domenica per la messa mattutina, custodisce materialmente il resto della leggenda più nota di Santa Fiora, ve la raccontiamo. Nel 1490 regnava nella contea il Duca Guido Sforza quando nel fitto bosco del contado iniziarono a verificarsi avvenimenti strani come la sparizione di contadini e boscaioli. Si parlava di un vero e proprio drago demoniaco che infestava la foresta vicino all’attuale convento, nominato anche “Cifero serpente”. Il Duca, allora, in un atto di coraggio estremo si inoltrò nel bosco e con la sua spada uccise il mostro, tornando in paese con la dimostrazione di quanto avvenuto.

La testa del drago è ancora oggi conservata nel Convento ed è visitabile di domenica, contenuta in una teca mentre il resto del corpo del drago è esposta alla Trinità dei Monti a Roma. Ah, in realtà la leggenda è un fatto reale e di errato c’è soltanto la tipologia di “mostro”: che non era un drago né un serpente bensì un coccodrillo, scappato casualmente dalla Peschiera di Santa Fiora dove controllava  il castello del Conte e ritrovatosi a vagare nel bosco.

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