Notizie in Tempo Reale dal Territorio

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

Torniamo al punto di rottura…

Mi squilla il telefono.
“Ecco Carlino!”, penso tra me e me leggendo sullo schermo del cellulare che Carlo Mattioli mi sta chiamando. Sorrido.
“Tesoro… Che si piglia un caffeino?” e diamine, impossibile dire di no.

Questa volta Carlo Mattioli ed io non abbiamo passeggiato per le viuzze imprunetine che stanno diventando più deserte che mai, non abbiamo fatto il conto dei bandoni che non si aprono più ogni mattina, di questo triste argomento ne abbiamo già parlato in un articolo (clicca QUI se vuoi recuperarlo). Questa volta abbiamo affrontato altre tematiche. Una la lascio sedimentare ancora un pochino, adesso c’è tanta carne sul fuoco e quindi ve ne parlerò più avanti. L’altra invece arriva al momento giusto, se così si può dire. Dico ciò perché quello di cui abbiamo ragionato Carlino ed io, ha come argomento cardine un qualcosa che ahimè ormai pare una caratteristica in via d’estinzione, ovvero il RISPETTO.
Il panda rosso è in via d’estinzione. Gli scimpanzé idem, la balenottera azzurra e anche il rispetto sono in via d’estinzione.
Mi fa sempre molto piacere confrontarmi con Carlo Mattioli, imprunetino DOC, e quando parlo con lui entro in una sorta di bolla, dimentico le lancette dell’orologio che scorrono o cosa devo fare dopo, lo ascolto con molta attenzione. Carlo mi racconta di un’Impruneta che io, come voi, conosciamo benissimo ma che sta sfumando via con le note più tristi e cupe che ci siano.

Proprio ieri, durante il sit in che si è tenuto in Piazza Buondelmonti, (leggi QUI l’articolo) il Consigliere Gabriele Franchi è tornato su un punto importante che forse è stato preso troppo poco in considerazione e parlando con Carlo mi rendo conto che proprio quell’argomento a lui è rimasto, come dire, “di traverso”. Anzi, è un sassolino nella scarpa, e di scarpe Carlino ne ha parecchie!
Gabriele, nel suo discorso, ha riportato a galla un momento chiave di tutto questo tracollo imprunetino che forse è stato il punto di rottura che poi ha creato le valanghe che tutti sappiamo. Con le sue parole Carlo mi riporta lì, a quel fatidico incontro in cui i commercianti d’Impruneta vennero offesi nel profondo, sia a livello lavorativo che non. Feci un articolo a suo tempo raccontando quanto accaduto (clicca QUI per leggerlo) ed in quella riunione i commercianti vennero definiti “mentecatti”, “evasori”.
“Io, a distanza di un anno, non ci sto!” mi dice Carlo guardandomi negli occhi.
E come dargli torto… Queste sono parole grosse, che hanno un peso che non può non essere preso in considerazione e forse già in quel momento avremmo dovuto drizzare le antenne, ma col senno di poi si fanno tante cose… 

Carlo mi parla a cuore aperto, da uomo, da imprunetino e da commerciante con tanta esperienza alle spalle. Ogni volta mi colpisce la sua umiltà, la sua fermezza. Si sofferma su una frase che gli è rimasta indigesta, giustamente. Ai bottegai imprunetini fu detto che loro non erano capaci di creare un buon rapporto con la clientela, che erano scortesi e non sapevano “tenersi” i clienti.
Col sorriso Carlo mi fa notare una cosa meravigliosa che riguarda la sua famiglia, ovvero le generazioni che hanno vissuto e vivono di quel mestiere che è stato tramandato e che vanta tanti anni di bandone aperto. Ed è vero, ci sono negozi che ormai sono “storici” ad Impruneta per il loro lungo percorso di vita, quindi come si può anche solo pensare di dire una cosa del genere? Ma anche se non fossero storici, come si possono far uscire certe parole dalla bocca di chi ha un ruolo, tra l’altro? Dov’è il rispetto?
I nostri commercianti sono persone per bene che hanno sempre fatto tanto per il paesello e sono stati presi a pesci in faccia in una maniera disarmante quando in realtà sono LORO il motore imprunetino. Un paese senza attività diventa un paese fantasma, questa è la verità.

“Il fatto che l’econimia non vada bene è un discorso a livello mondiale e Amazon non è nato due anni fa. Questi sono argomenti,” – come giustamente mi fa notare Carlo – “ai quali tante persone si sono aggrappate per non raccontare il vero, ma sono discorsi che lasciano il tempo che trovano. In più non sono parole “loro”, anche se gli piace spacciarle per tali, ma della Confesercenti!”.
Ha ragione. Nel suo piccolo, l’Impruneta ha sempre macinato portando a casa il pane e no, non lo dico per sentito dire, vi anticipo, perché ho Carlo che mi parla coi dati e i fogli alla mano e poi vivo in una famiglia di commercianti imprunetini. Ora il pane è un casino portarlo a casa… C’entra la viabilità? Sì, ECCOME! I numeri non mentono mai.
Tornando al fulcro di questo articolo, c’è qualcosa che non torna a Carlo e non torna nemmeno a me. E vedo con piacere, attraverso i commenti, che una bella fetta di paesello sta aprendo gli occhi davanti a fatti che purtroppo parlano da soli. C’è un’ingiustizia di base che fa sì che chi è al “potere” si sente autorizzato a dire e fare tutto senza subirne le conseguenze.
Da quando i piani alti imprunetini hanno preso una certa piega, i “cattivi” sono quelli che ogni giorno ci mettono la faccia senza paura. Ai loro occhi Carlo è “cattivo” perchè racconta la verità, perché cammina a testa alta, perchè non ha niente da nascondere, perché parla e non si zittisce nonostante i reiterati tentativi.

“Questo periodo l’è peggio del Covid nanni, almeno lì s’aveano i finanziamenti…” mi dice Carlino e poi aggiunge con lo sguardo meno ironico e più triste, “Silvina… Che ho da perdere?” mi ripete quando entriamo in argomenti più focosi.
Carlo Mattioli ci mette il nome, la faccia, tutto se stesso e non ha paura perché quando si vive con la verità tra le mani e con la tranquillità d’animo di essere persone con la coscienza pulita, non si deve aver paura. È stato fatto un terrorismo psicologico e verbale che non è giusto, niente è giusto adesso ad Impruneta. Oltre che il paese del cotto a breve diventerà anche il paese delle ingiustizie. 
Serve rispetto.
Rispetto per chi lavora, per chi ha un’opinione che non coincide con la propria, serve l’umiltà di guardare i fatti per come stanno e se c’è da fare un passo indietro urge farlo prima che sia troppo tardi.
Ma purtroppo non c’è peggior sordo di quello che non vuol sentire…

Torna in alto