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Sciagura Letta, sciagura PD






Mentre l’invasione dell’Ucraina tiene il mondo col fiato sospeso, la politica italiana non perde occasione per rendersi ridicola, anche quando pronuncia discorsi apparentemente inappuntabili. Enrico Letta, segretario del Pd, così si è espresso sulla crisi dell’est Europa: “I confini cambiati con le armi e la forza sono tutto ciò contro cui lottiamo e lotteremo”.

Parole chiare, sicuramente condivisibili. Come si conciliano però con la presenza di Letta lo scorso maggio alla manifestazione romana di assoluta fedeltà al governo di Israele? Da decenni infatti gli israeliani usano le armi per cambiare i confini del proprio territorio, sottraendo terra ai palestinesi e violando sistematicamente trattati e diritti umani; vedere l’ex premier a Portico d’Ottavia insieme a tutti i leader della destra è stato imbarazzante, considerate anche le (flebili) speranze che si nutrivano in quel periodo dopo la sua elezione a segretario, ma col senno di poi tale comportamento non desta certo stupore.

In quel malato perenne e quasi disperato che è da sempre il Pd, Letta si pensava potesse agire da assennato guaritore, spostando finalmente il baricentro del partito a sinistra e provando a costruire un vero schieramento alternativo ad ogni destra e capace di parlare con autorevolezza alle frammentate forze sinistroidi. Il nipote dell’eterno Gianni è riuscito invece a rendere ancora più invotabile il partito che rappresenta, in un inspiegabile tentativo di cancellare ogni residuo rossastro per gettarsi tra le braccia di forze che con il progressismo nulla hanno a che fare. Già colpito da anni dall’ossessione del governare a tutti i costi, e già entrato senza troppi indugi prima della leadership lettiana nel governo Draghi, il Pd pare essersi appiattito definitivamente sulle posizioni di quella minoranza renziana che poi tanto minoranza alla fine non è.






Le quinte colonne italovive sono molteplici e importanti, a cominciare dall’ex capogruppo al Senato Marcucci, e dettano spesso la linea senza troppi scrupoli; in un partito normale ciò non potrebbe certo avvenire, ma nel Pd la Sindrome di Stoccolma (titolo di un nostro articolo di alcuni mesi fa) è un morbo infestante e aggressivo, di cui il primo a patirne gli effetti è proprio il segretario.

E’ un mistero come possa Letta strizzare l’occhio a Renzi dopo che questi ha accoltellato prima lui e poi il partito, è un fatto tuttavia che ciò avvenga: l’ultimo episodio in ordine di tempo è stato il voto in Senato sul conflitto di attribuzione sull’inchiesta Open, ma più volte Letta e suoi hanno taciuto in merito alle vicende del senatore d’Arabia, a cominciare dai suoi inaccettabili affari milionari al servizio di paesi stranieri. Quanto fatto in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica è stato a dir poco imbarazzante.

Prima Letta non è riuscito a bollare se non come “divisiva” la figura di Silvio Berlusconi, poi alla fine dei giochi ha addirittura chiamato il pregiudicato per scusarsi di aver usato toni troppo duri nei suoi confronti; in questa barzelletta, Letta ha pure discusso con Berlusconi di legge elettorale e futuri scenari politici, con l’idea di riproporre Draghi premier nel 2023 e di sostenerlo con una maggioranza Ursula. Che meraviglia, un governo con Forza Italia e centrini vari.

D’altronde Letta ha spalancato senza vergogna la porta a Calenda durante il primo congresso di Azione dello scorso fine settimana: “Vinceremo insieme nel 2023”, ha gridato con amore il placido Enrico al pingue Carlo, che in tempi non troppo remoti si fece eleggere col Pd al Parlamento europeo per poi andarsene sbattendo la porta.






Un bel campo largo che comprenda Renzi, Calenda e Berlusconi è proprio quello che ci vuole al Pd per recuperare la propria anima di sinistra, per rimettere al centro i temi del lavoro, della giustizia sociale, dell’uguaglianza, per riavvicinarsi alla gente.

Il Partito democratico ha comunque da anni ben chiaro quali valori seguire: Jobs Act, Buona Scuola, Sblocca Italia, no al salario minimo, no alla patrimoniale, linea Minniti sull’immigrazione, sì Tav, inceneritori, impunità spacciata per garantismo (si aspetta in proposito il Sì di buona parte del partito ai quesiti referendari della Lega). Letta sa bene dove andare. Seconda stella, questo è il cammino. A destra, naturalmente.

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