Manca sempre meno alla 51° edizione della Festa della Stagion Bona e cosa ci aspetta, ovvero divertimento e un bel tuffo nel passato, lo sappiamo. Ma cosa c’è “dietro le quinte” della tradizione più attesa nel borgo di Panzano in Chianti?
Uno sguardo al cielo e uno allo smartphone, meteo.it o lamma a seconda delle preferenze. Luogo: Panzano in Chianti. Giorno: 25 Aprile. Ovvero l’imminente giovedì e manca davvero poco, giusto il tempo di affinare gli ultimi preparativi in questo angolo medievale di Chianti, dove Firenze e Siena distano esattamente gli stessi chilometri…33. Da queste parti è il giorno più atteso dell’anno: quello che inaugura la “Stagion Bona” – così si chiama il 25 Aprile a Panzano -, quello che riversa un intero borgo in un passato di faide e castelli e in un presente di divertimento, socialità, balli.
Già da un mese si lavora per rendere tutto possibile: per questo anche il meteo gioca la sua parte imprevedibile ma di certo non rovina la giornata. Cos’è il 25 Aprile a Panzano in Chianti, del resto, abbiamo imparato a conoscerlo un pò tutti: la rievocazione medievale, la sfilata in abiti d’epoca con partenza dal castello, le scene con la rappresentazione della diatriba tra Gherardini e Firidolfi. Poi le musiche in piazza e i fuochi d’artificio a fine serata. Andiamo veloce perché di fatto non è questo il focus del nostro articolo che vuole, invece, raccontarvi il dietro le quinte ovvero ciò che c’è prima e nessuno vede, le fatiche dei montatori ma anche la bellezza di condividere un progetto.
L’anima della Festa della Stagione Bona, testa e manovalanza pura, è Il Grondino, associazione che ravviva Panzano con lo scappio del carro del martedì dopo Pasqua, la Festa di Sant’Anna, Aprilante ogni prima domenica del mese, i mercatini di Natale. E, soprattutto, con il 25 Aprile che trasforma il paese in teatro storico e destinazione turistica.
Il Grondino unisce panzanesi di svariate età connessi dalla passione di rappresentare la loro frazione: da due decenni li guida il presidentissimo Claudio Gualdani, affiancato da ragazze e ragazzi di venti, trenta, quarant’anni. Ah, a proposito: AAA cercasi sempre nuove leve perché il ricambio generazionale è ciò che garantirà stabilità, nuove idee e degna conservazione delle tradizioni paesane.
Sabato scorso, con la clessidra che misurava -6 dal 25 Aprile, 20-25 panzanesi hanno indossato guanti e scarpe infortunistiche e in un pomeriggio hanno montato le strutture necessarie per la Festa della Stagione Bona. Animo pratico, chiodi in bocca e trapano in mano. Andiamo: montati gli stand alla Casa del Popolo e alla Chiesa di Santa Maria, dove saranno serviti per tutto il giorno ficattole, panini, primi, vino, birra e altre bontà. Poi, in piazza Ricasoli – la piazzetta di Panzano Alto – ecco i pali che costituiscono il palcoscenico dove sarà rappresentato lo spettacolo principale della rievocazione storica, impiccagione compresa. Tra una battuta e l’altra, tra chi si indaffara e chi coordina con il sorriso, tutti a lavoro fino alle 20:00. Aspettando le “dame” che, da un’altra parte del piccolo borgo, pensavano ad aspetti logistici-organizzativi altrettanto fondamentali: lotteria, cura degli strumenti medievali come scudi e cartelli, predisposizione di addobbi e altri arredi disposti per il paese.
Ore 20:30. Stop, basta. Fuori il martello, dentro la forchetta…è tempo di mettersi a tavola, rigorosamente insieme: dopo il pomeriggio di lavoro non si può mangiare ognuno a casa sua e allora cena collettiva al Vescovino dove si consolidano le amicizie e si continua a organizzare il 25 Aprile: “Domattina icche si fa? A che ora ci si trova? Icche manca?”. Così fino alla sera di mercoledì 24, vigilia del giovedì sacro panzanese, quando fino a tarda notte si rimane in paese per gli ultimi accorgimenti e si cena di nuovo insieme, magari da asporto…guai a lasciare il presidio della piazza fino a lavori ultimati.
Potremmo chiedere a Claudio e ai suoi ragazzi cos’è il 25 Aprile per loro ma sarebbe superfluo, ora che vi abbiamo raccontato il “dietro le scene“: è tempo speso e tempo tolto ad altro, è fatica (ricompensata), senso di appartenenza e voglia di esserci, è mobilitazione e sapersi parte attivissima di una tradizione che si tramanda dai genitori ai figli, dai nonni ai nipoti.