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Marta Monnecchi, insegnante di educazione all’affettività alla scuola città Pestalozzi: “Cos’è la felicità?”

L’assessore Giacomo Amalfitano: “Sono molto contento che la comunità apprezzi questa prima esperienza di incontri formativi, dopo l’intervento di Domenico Barrilà abbiamo avuto l’occasione di condividere un interessantissimo contributo di Marta Monnecchi”

La prima edizione del progetto culturale “Semi educativi”, promosso e organizzato dall’assessorato alle Politiche educative del Comune di Greve in Chianti Giacomo Amalfitano, prosegue il suo cammino formativo al fianco di esperti e docenti tra gli scaffali della biblioteca comunale “Carlo a Massimo Baldini”.  Giovedì 7 novembre, dalle ore 21 alle ore 23, sarà Ludovico Arte, sociologo e dirigente scolastico dell’Istituto tecnico per il turismo Marco Polo di Firenze, a dare il suo contributo con un intervento focalizzato sul tema “Il valore del fallimento”. 

Al centro del secondo incontro, rivolto ad educatori, insegnanti, operatori e animatori, accolto da un’ampia platea di cittadine e cittadini, è stata Marta Monnecchi, docente presso la Scuola Città Pestalozzi di Firenze e cofondatrice del progetto “Tutta un’altra scuola. All’insegnante che ha un’esperienza trentennale nel settore dell’affettività la giornalista Cinzia Dugo ha rivolto alcune domande per conoscere in sintesi alcuni elementi centrali del suo approfondimento denominato “Educare alla felicità”.

Partiamo dalla domanda delle domande. Per lei cos’è la ‘felicità’?

“Non è una materia da insegnare a scuola… né un’emozione da cogliere e vivere come un attimo fuggente, è piuttosto un atteggiamento, uno spazio emotivo, uno stato d’animo che a volte può essere influenzato dalle situazioni esterne e solo con l’allenamento si può mantenere stabile, permanente, equilibrato. “

Come si allena alla felicità?

E’ un lavoro duro che si svolge attraverso la conoscenza di tutte le emozioni che proviamo, anzi che dobbiamo imparare a conoscere senza averne paura con la consapevolezza che è importare stare anche in quelle più ‘scomode’, come la nostalgia, la tristezza, la rabbia. Dobbiamo lasciarci attraversare dalle emozioni senza giudicarle, senza chiedersi perché ma raccontandole come fosse una narrazione rivolta a noi stessi e agli altri.  

Le emozioni si possono riconoscere?

Tutti noi abbiamo un’intelligenza emotiva che parla, racconta e può essere condivisa. E’ questo un altro importante esercizio per essere felici: imparare ad ascoltare se stessi e gli altri.  Le emozioni si riconoscono quando si vivono, quando se ne assapora il gusto, il piacere, come si fa quando si cammina nel bosco, si respirano i profumi della natura, si assaggia un piatto che amiamo, svolgiamo un’azione che ci restituisce benessere.

Educare l’affettività a scuola. Come si fa?

Prima di tutto ci disponiamo in cerchio, l’energia deve circolare, nessuno è in cattedra neanche l’insegnante, e attraverso vari strumenti e linguaggi espressivi e comunicativi quali la poesia, la canzone, il video, il movimento corporeo e vari giochi che coinvolgono attivamente gli studenti e le studentesse invito la classe a parlare, mi pongo in una posizione di ascolto, uso due concetti che per me sono due valori fondanti dell’attività educativa: rispetto e fiducia. Io insegno ad essere, non solo studenti e studentesse, ma persone e lavoro perché le persone che incrocio lungo il mio cammino, ormai trentennale, stiano bene con se stesse.

Per conoscere e vivere la felicità è importante comprendere la condizione opposta, sofferenza, noia, preoccupazione?

Uno dei passi più complessi del percorso di ognuno è scoprire chi siamo, il mio lavoro di insegnante è finalizzato a costruire le condizioni perché i ragazzi e le ragazze trovino l’identità del sé, che possono anche perdere ma poi si impegnano a ritrovare. E’ importante conoscere certamente le emozioni opposte ma occorre anche cercare la strada per ritrovare quello stato d’animo che ci allontana dalla precarietà delle emozioni, altrimenti saremmo come in una continua tempesta, in balìa delle onde della vita.

Si può essere felici e non contenti?

La felicità è uno stato di grazia, una condizione spirituale profonda, raggiunta anche con fatica da cercare e riprendere ogni volta che ci sembra sfugga, è una risorsa, un tesoro da mantenere cui attingere nei momenti di difficoltà, la contentezza è mio avviso più legata a fattori esterni ed è temporanea.

C’è una felicità per ogni età?

La felicità non ha età, è commisurata al cammino di ognuno, i bambini portano in sé quel nucleo di felicità che li fa giocare seriamente, immersi nel qui e ora. E’ quello che dovremmo fare da adulti, agire in modo che la mente sia connessa con ciò che si sta facendo.

E’ più significativo il momento in cui si avverte la felicità o il viaggio che si fa per raggiungerla?

Il viaggio è lungo, complesso, necessario, senza il viaggio non la si raggiunge. La meta è sentire la felicità, ma navigare per creare tale condizione è altrettanto importante. Il viaggio che preferisco è quello del continuo apprendimento, della costante ricerca e tendenza ad imparare a costruire fiducia e percezione di sé. Lo strumento più efficace per allenarsi alla felicità è la creazione dei legami e delle relazioni interpersonali. Considero un perfetto alleato dello stato di felicità il senso di gratitudine. Chi sta nella parte egoica di sé non potrà mai sentirsi grato, parte di un’umanità solidale, inclusiva, rispettosa dell’altro, non potrà mai essere felice.

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