Il feretro di Maati Moubakir è tempestato di scritte, sfondo avorio e testi neri, dediche che una volta si facevano agli amici ingessati per alleviare il fastidio dell’infortunio e colorare un periodo grigio. Stavolta, però, niente passerà e la frattura di chi resta è insanabile solo come la morte sa esserlo.
Maati è stato ucciso a coltellate, prima alla schiena, poi al torace, lasciato morire per strada il 29 dicembre nel Comune di Campi Bisenzio. Tre i giovani fin qui arrestati: Denis Mehmeti, pratese di 20 anni, Ismail Arouii e Francesco Pratesi, entrambi fiorentini, di 22 e 18 anni, accusati di omicidio aggravato dai futili motivi e dalla crudeltà.
Il rancore verso l’assurdità di una follia omicida ingiustificata, questa mattina, ha lasciato tuttavia spazio al dolore e alle lacrime di amici, compaesani, parenti, genitori: alle 10:00 di mercoledì 15 Gennaio si sono tenuti i funerali di Maati a Certaldo, paese di residenza del giovane. Alle pendici del borgo medievale, le nuove generazioni hanno affollato la chiesa in piazza Boccaccio, prima di dirigersi verso il cimitero comunale dove è stato sepolto Maati.
Circa alle 11:00, quando la carovana si è mossa verso il cimitero, è avvenuto purtroppo un evento spiacevole: una lite, nel bel mezzo della folla, anche un coltello estratto da parte di un ragazzo tra l’indignazione dei presenti, costernati da tali gesti idioti in un contesto per di più solenne. La mattinata, però, non può ridursi alla stupidità di un singolo e non vogliamo cedere, come cronaca giornalistica, al richiamo del titolone (resta un fatto grave su cui sono intervenuti i Carabinieri).
Altri segnali ed altri momenti abbiamo voluto cogliere da questa mattinata di profonda tristezza. I necrologi sparsi per il paese, riportanti il nome di Maati, il volto sbarbato e l’età precoce in mezzo a defunti di diversa e più avanzata età. I molti negozi chiusi, dato il lutto cittadino deciso dal sindaco Giovanni Campatelli per consentire di seguire i funerali e come segnale dato all’intera comunità di Certaldo.
Tra i presenti, come c’era da aspettarsi, tantissimi giovani: i più con un foglio A4 in mano raffigurante il viso di Maati, immortalato anche in una tuta di rappresentanza del Montespertoli Calcio, ed una rosa bianca. Altri fogli, oltre al ritratto del 17enne, integrati da uno slogan che ormai sentiamo ripetere troppo spesso: l’inizio uguale, cambia il nome della persona citata: “Giustizia per Maati”, “Giustizia per Niccolò”, “Giustizia per Ramy”. Quante giustizie che ormai chiediamo per alleviare dolori eterni.
Poi la lenta processione verso la sepoltura, centinaia di persone dietro al carro funebre, l’arrivo al Cimitero e i delicati momenti di preghiera attorno al feretro di Maati. Riuniti. La preghiera cristiana, quella musulmana. La mamma, il babbo, la sorella, gli amici più stretti di Maati, le mani poggiate sulla bara come a far sentire la vicinanza, il “ci siamo” collettivo, poi l’applauso ripetuto ed una voce femminile che urla “Per Maati”. Nel mezzo i volti fissati nel vuoto di tanti giovani che non se lo spiegano, le lacrime e gli abbracci che dicono tutti la stessa cosa: non si può morire così…