Buongiorno compaesani miei,
oggi voglio portare alla vostra attenzione una riflessione in quanto certi pensieri, certi ragionamenti, sono doverosi, soprattutto vedendo la situazione che ormai da mesi, un anno quasi, stiamo vivendo e si sa che l’incertezza va a braccetto con la paura.
Per quanto mi riguarda, la mia incertezza è il non sapere, il non avere una palla di vetro tra le mani per dare una sbirciatina sul futuro di questa situazione e la mia paura è legata all’indole umana che puntualmente tende ad “adagiarsi”. Con adagiarsi intendo abituarsi mutando a favore delle circostanze e dunque mi viene da chiedere: torneremo alla normalità? Quella di prima, quella che ci radica alla vita ed al territorio. Ma questa futura “normalità” sarà uguale a prima o sarà dettata da una realtà più… Digitalizzata?
Queste mie domande sono sorte in maniera piuttosto prorompente dopo aver letto un estratto di un discorso fatto da un docente di storia all’Università di Napoli e mi è sembrato giusto porvi una riflessione estremamente doverosa e temo anche molto veritiera. In caso vogliate leggere tutto il suo discorso che è molto interessante, cliccate qui, adesso invece vi lascio l’estratto che mi ha fatta rimanere col telefono in mano mentre il cervello galoppava a mille: “L’obiettivo di queste classi politiche è enfatizzare a dismisura il virus per distruggere quel che resta della piccola e media impresa, del terziario autonomo, degli spazi di formazione, socialità e cultura “fisici”, e sostituirli con consumi, intrattenimento, didattica, socialità integralmente digitalizzati, completamente inglobati dalle grandi corporations hi tech globali. La narrazione terroristica del Covid e i lockdown sono lo strumento per rimpiazzare del tutto la socializzazione con i social, le comunità di scuola e università con la didattica su piattaforma, l’amore e il sesso con il dating virtuale, i ristoranti e i bar con il food delivery, i cinema e i teatri con Netflix, lo shopping con Amazon, i concerti con le dirette a distanza, lo sport con il “workout” casalingo gestito da app, il lavoro con sussidi statali di semi-indigenza, il culto religioso comunitario con una spiritualità solitaria senza nessun rilievo sociale. E, soprattutto, per eliminare ogni forma di associazione culturale, circolo, movimento civico e politico libero, non controllabile, trasformando la società civile in una pluralità di individui isolati che si limitano ad essere followers dei leader politici, in un quotidiano reality show, “profilati” e sottoposti al continuo martellamento delle news unanimi di regime selezionate per loro dai social media depurandole di quelle che loro chiamano fake news, cioè di ogni fonte che non sia approvata dal complesso politico-mediatico mainstream.”
Ecco, dopo aver letto questa riflessione, la primissima cosa che ho pensato è stata: “porca vacca”, poi ho provato una sensazione di piena angoscia.
Io non voglio questo per i giovani, per i piccoli di oggi. Non voglio questo per noi e non lo voglio per me. Questa situazione dovrebbe averci fatto migliorare come persone in modo da poter ripartire poi con una marcia in più, una marcia chiamata sensibilità, senso di responsabilità e rispetto ed invece, a quanto pare, ci stiamo trasformando in un branco di robot perfettamente funzionanti ma… Che schifo.
Diventeremo dei robot in un mondo robotico?
Io sono troppo legata alle vecchie azioni, ai libri cartacei, alle botteghe storiche coi cambi generazionali, alle fotografie negli album, a chi sogna concretamente, ai sorrisi senza mascherina e senza una schermo davanti per poter anche solo vagamente digerire una sorta di “evoluzione digitale” in questa direzione. Che poi, siamo veramente certi che si tratti di “evoluzione”?
Augurandovi buona giornata di sole a tutti, freddina eh, ma bella, spero che questo estratte che ho voluto condividere con voi possa portare ognuno, nel nostro piccolo, ad una doverosa e necessaria riflessione.