La chiusura di Circoli e Case del Popolo non è passata inosservata ed anzi, ha causato una voce unanime di protesta da parte di soci e volontari colpiti dai provvedimenti del 24 Ottobre e costretti a fermarsi nuovamente dopo una ripartenza difficile ed onerosa.
A niente è servito adeguarsi alle disposizioni anti-covid ed ora, almeno fino al 24 novembre, le attività dei circoli considerate non essenziali – che per molti, tuttavia, essenziali lo sono – hanno ricevuto lo “STOP” dall’alto sotto forma di DPCM.
Anche ad Impruneta, come affermato dal Presidente Alessandro Tozzi su Novaradio, la Casa del Popolo non è rimasta a guardare con indifferenza, sventolando manifesti al suon di “#noncistiamo” e “curiamo la socialità”. Socialità, appunto, questa sconosciuta.
Porre il lucchetto alla Casa del Popolo di Impruneta significa mandare a casa 6 dipendenti e 600 soci:
“Già nel corso del primo lockdown – afferma in radio Tozzi – abbiamo anticipato la cassa integrazione ai nostri dipendenti. Provando a fare il possibile cercheremo di anticiparla anche stavolta per supportare i nostri dipendenti e le loro famiglie, malgrado l’ulteriore aggravante di non ricevere entrate.
Per noi è un grosso problema, così come per il nostro ruolo sociale: dopo il lockdown c’è stata una bella risposta dei nostri soci, a testimonianza dell’importanza della Casa del Popolo per Impruneta.
Abbiamo 600 soci e questo è un luogo di cultura, sport, socialità e anche lavoro: abbiamo con tanta fatica provato a ricostruire la realtà di riferimento che vogliamo essere ed è uno dei pochi luoghi, nella frazione, che garantisce questo tipo di attività. Il nostro è un locale frequentato, vivo. Ci siamo anche adoperati assieme ad altri associazioni per gestire l’emergenza supportando il Comune per la consegna dei pacchi alimentari e delle mascherine.
Miopia del governo? L’abbiamo certamente interpretato come un provvedimento ingiusto così come per la sospensione di cinema e teatro, per noi realtà essenziali non considerate tali. Per i nostri soci la Casa del Popolo e già che accade al suo interno sono essenziali. Per chi, addirittura, ci lavora è un bene essenziale.
Siamo consapevoli dell’emergenza sanitaria e della salute quale bene primario ma abbiamo adottato le misure adeguate per garantire l’apertura ed una nuova chiusura la consideriamo penalizzante ed ingiusta. “