Una famiglia costretta a vivere fuori dalla propria abitazione da oltre due anni e mezzo, con costi extra di affitto e un mutuo in essere. Altre due famiglie che non possono fruire dei loro immobili…mentre le lungaggini processuali continuano.
Tutto questo fa incazzare. Molto.
Non si possono usare mezzi termini quando il cittadino, lasciato solo, si trova ad affrontare tre colossi come Istituzioni comunali, Publiacqua, Autostrade SPA.
Per di più unite nella medesima causa che dovrebbe, al contrario, definirne le responsabilità: una sconfitta annunciata, una frustrazione data da un senso di giustizia naufragata – il termine non è casuale – in un mare di rallentamenti e stratagemmi moralmente miseri.
Il Don Chisciotte della nostra storia è la famiglia antellese Del Grazia, costretta a vivere fuori dalla propria casa da oltre 2 anni e mezzo: era settembre 2020 quando una nottata di pioggia intensa provocò una bomba d’acqua che rovinò sulla residenza della famiglia antellese, distruggendola (leggi qui).
I più ricorderanno. Via Labriola, ad Antella, fu gravemente colpita dal nubifragio, scoprendosi fragilissima al cospetto di temporali di portata consistente. Una residenza civile, quella dei Del Grazia, un fondo commerciale, quello dei Corsi e un magazzino, quello dei Razzolini, spazzati via: danni materiali solo parzialmente quantificabili, danni morali incalcolabili. Ed eccoci qua, due anni e mezzo dopo, ad un niente di fatto che devasta tanto quanto il fiume d’acqua (e fango) riversato in casa.
Il dramma reale della famiglia sfrattata dalla propria residenza, costretta a vivere in affitto (a spese proprie dall’ottobre 2021), inizia appunto a fine 2020.
Quando, da subito, gli avvocati Milvia Falatti, Benedetta Bianchi e Cristina Ventre, incaricati dalle famiglie Del Grazia e Corsi, promossero un giudizio di A.T.P. ex art 696bis c.p.c. ovvero un procedimento accelerato che disciplina la “consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite”: con tale misura, la parte chiedeva al giudice di nominare un consulente tecnico d’ufficio con il compito di svolgere le indagini tecniche all’esito delle quali effettuare un tentativo di conciliazione, evitando così un lungo e costoso procedimento giudiziario.
In parole spicciole, per evitare le lungaggini processuali, le famiglie alluvionate instauravano il giudizio di ATP chiedendo al consulente del Tribunale di individuare gli interventi urgenti di messa in sicurezza dei luoghi e delle persone, nonché di accertare i gravi danni subiti dai loro immobili ed indicare le rispettive responsabilità degli enti coinvolti: Comune di Bagno a Ripoli, Publiacqua spa e Società Autostrade per l’Italia spa.
Un’azione intelligente e lecita ma oltremodo complicata. Via allo scarica barile che, evidentemente, esiste anche a livello giudiziario: Il Tribunale di Firenze, infatti, su domanda degli enti coinvolti, dichiarava la propria incompetenza in favore del Tribunale delle Acque Pubbliche, passando la palla. Quest’ultimo, allora, disponeva la consulenza tecnica prevista dal giudizio A.T.P. ex art 696bis, nominando un CTU – Consulente d’Ufficio, a spese delle famiglie danneggiate: circa 20.000 euro di costi tecnici già anticipati, sperando poi nel successivo risarcimento. La consulenza tecnica veniva dunque depositata in data 9.6.2022, riportando responsabilità e cause. Di chi e quali?
Cause riconducibili ai soggetti in causa che, in base alle rispettive competenze e possibilità nel corso del tempo, non hanno evidenziato con decisione la criticità generale dell’impianto fognario cittadino, aggravato dall’immissione concessa ad Autostrade per l’Italia spa, in modo tale da risolverla.
Ergo: presenza di un sistema fognario già inadeguato, la cui pressione è divenuta insostenibile con gli scarichi del cantiere di Autostrade autorizzati dal Comune di Bagno a Ripoli. I soggetti a cui possono essere ricondotte le cause dell’evento sono gli interessati all’iter di gestione urbanistica, idraulica e fognaria, ovvero: Comune, Gestore del Sistema Idrico Integrato, Autostrade e Regione Toscana. Così il CTU continuava nella consulenza tecnica:
Sarà comunque necessario procedere prima possibile all’adeguamento della fognatura e al completamento dei lavori di regimazione del fosso a monte della fognatura.
Il CTU, infine, indicava anche gli interventi urgenti da realizzare prima di consentire ai Del Grazia di tornare in casa propria e ai Corsi e Razzolini di disporre nuovamente degli immobili: tra questi la necessità di dotarsi di infissi e portoni stagni, precisando che la situazione era tale per cui l’intero quartiere – inteso come Via Labriola – si trovava a grave rischio di inondazione. Indovinate quanti di questi interventi impellenti sono stati effettuati? Nessuno.
Da Giugno 2022, data nella quale è stata depositata la consulenza del CTU con relativa individuazione di cause e danni, neanche il più semplice degli interventi previsti per la messa in sicurezza degli immobili è stato realizzato dagli Enti responsabili, malgrado i reiterati solleciti inviati dai legali agli enti coinvolti. A metterci il carico da 90, infine, l’alluvione di Ferragosto 2022 che ha allagato nuovamente le strutture già danneggiate, aggravando ulteriormente lo stato dell’arte dei locali.
La storia ha del deprimente se pensata nell’ottica del cittadino, sballottato e avvilito da un processo di de-responsabilizzazione delle parti coinvolte che, di fatto, prolunga danni morali non quantificabili né risarcibili, oltre agli evidenti danni materiali. A fronte dell’inerzia degli enti coinvolti, i cittadini alluvionati hanno introdotto dunque un ricorso d’urgenza ex art. 700 cpc, finalizzato anch’esso ad accelerare i tempi di intervento degli enti responsabili ma procurando, comunque, altre attese e burocrazie giudiziarie, nuove spese processuali per i ripolesi.
Con quale risultato? Sentite che “supercazzola“: Il Tribunale Regionale delle acque pubbliche, su domanda delle stesse parti che avevano richiesto il suo intervento per l’ATP solo pochi mesi prima, ha rimbalzato il ricorso, passandolo nuovamente al Tribunale ordinario di Firenze. Ma c’è di più. Introdotto un nuovo ricorso ex art 700 cpc davanti al Tribunale ordinario di Firenze, gli enti coinvolti ne contestavano nuovamente la competenza e la giurisdizione: il Comune di Bagno a Ripoli chiedeva addirittura che la questione fosse decisa dal Tribunale amministrativo. Un giochetto per prendere tempo e procrastinare a data da destinarsi.
Infine il Comune di Bagno a Ripoli ha incaricato un avvocato il quale ha prodotto 77 pagine di difesa (alla faccia delle legge Cartabia che chiede di abbreviare i documenti) nelle quali si enuncia la non validità della consulenza tecnica del CTU e si afferma che l’Ente comunale si sta già muovendo per il potenziamento della rete fognaria. Vero? Falso?
Nel frattempo, però, ci sono delle famiglie ripolesi che continuano a essere vittime…non una bensì due volte, trovando nella Pubblica Amministrazione un ostacolo e non più un aiuto. Quanto ancora dovranno attendere le famiglie Del Grazia, Corsi e Razzolini per godere di un loro diritto, violato da una rete fognaria scadente e da lungaggini processuali evitabili?