“Rai Vergogna: propaganda di morte con i soldi…dei cittadini”, si legge su un cartello appeso al collo di un manifestante.
Ieri pomeriggio, dalle 18:30, molti manifestanti si sono ritrovati di fronte alla sede RAI di Firenze, zona Bellariva, per esprimere il proprio dissenso contro una TV di stato rinominata “Telemeloni”, attentissima a uniformare l’informazione e veicolarla attraverso i canali nazional-popolari che entrano nelle case di milioni di italiani. Tg in prima serata, Sanremo, dopo festival, giornali filogovernativi. Tutto costruito ad hoc secondo generalizzazioni narrative unilaterali dove il bene è rappresentato da Israele e il male da Hamas (dunque dalla Palestina), dove ogni considerazione o espressione pro Palestina diventa automaticamente antisemita, senza possibilità di sollevare considerazioni diverse dalla linea imposta.
Ieri pomeriggio, giovedì 15 Febbraio, dopo i manganelli usati sui “protestanti” a Torino e Napoli, anche Firenze è scesa in piazza usando le parole vietate dalla Rai: genocidio, in primis, o pulizia etnica come la si voglia chiamare quella in atto a Gaza. Ma, anche, altri termini rivolti proprio all’azienda televisiva di cui i cittadini sono contribuenti: servilismo, corruzione, fascismo. Tante le bandiere palestinesi, molti gli striscioni dedicati alla tv statale come “Da non è la Rai a Non sono raid”, “il silenzio uccide”, “stop al genocidio”, “il tribunale della storia non vi assolverà”.
Un piccolo cartoncino tenuto in mano da una giovane ragazza, discreto nella sua dimensione, riportava:
“Quando non si può dir in tv che è sbagliato bombardare bambini e innocenti, allora chiaramente la società ha fallito”.
E’ sacrosanto manifestare contro la censura, anche fosse soltanto accennata o celata e stavolta, per di più, non lo è. E’, anzi, palese e usa uno dei principi fondamentali di ogni totalitarismo del Novecento: servirsi dei mass media di maggior impatto per trasmettere il pensiero unico e “bannare” ciò che esce dai binari. Come un artista che non parla solo di musica – mortacci sua, ma chi si crede d’essere – e viene, subito, zittito, redarguito dall’ambasciatore israeliano, interrogato sul suo gesto ribelle. Siamo talmente assuefatti alla banalità e all’ordinarietà che un semplice “stop al genocidio” diventa una Rivoluzione. Come se potessimo non essere contro la violenza sui civili e contro le bombe indiscriminate.
E invece la lettera dell’ad Rai Roberto Sergio ha voluto e dovuto ripristinare l’ordine stabilito dove Israele è bene e Palestina è male, lasciandoci in eredità un finale ridicolo e forzato, senza andare minimamente nella profondità della questione: e non intendiamo nelle responsabilità storiche bensì nell’atto umano di condannare violenza, morte e bombe.
E’ deplorevole l’attacco del 7 ottobre 2023 di Hamas nei confronti di civili israeliani, vittime e ostaggi, e nessuno lo può negare. E’ infernale e disumano bombardare intere città con la scusa di colpire i vertici di Hamas uccidendo civili, bambini, donne, uomini innocenti: oltre 28.000 morti il bilancio fin qui e nessuno potrebbe o dovrebbe negarlo…mentre è proprio qui il problema.
Come siamo arrivati a pensare e ritenere che chiedere pubblicamente la fine di un massacro sia diventato un messaggio divisivo, fazioso, da controreplicare attraverso una misera lettera delegata a un conduttore televisivo? Perché 28.000 vittime, in quanto dalla parte sbagliata della narrazione, scompaiono dalla coscienza pubblica e contano meno di altre, “silenziate” con la stessa leggerezza con cui si mette muto al cellulare?
Fa strano che sia stato Sanremo, il festival nazional-popolare per eccellenza, a destare “scalpore” e mettere così a nudo i limiti democratici della nostra Italia del 2024. Ed è fortemente giusto manifestare per far presente che la lobotomizzazione perseguita dalla tv di stato non funziona in maniera così capillare come si vorrebbe.











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