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Europei, pandemia e la credibilità della comunicazione: il terrore di essere impopolari (e senza “like”)






Il calcio come potente arma di distrazione di massa non è una novità. La sua tendenza ad anestetizzare le masse, tuttavia, si acuisce a dismisura in occasione di manifestazioni internazionali come mondiali ed europei: ieri come oggi, l’europeo 2021 non fa eccezione. A seconda dell’attualità che incombe, con un supporto strategico e fondamentale dell’opinione pubblica che veicola informazione e coscienze, accentrando la comunicazione in ottica esclusivamente sportiva ed occultando informazioni scomode, invise.

Due esempi estremi dell’utilizzo del calcio come addormenta coscienze o, addirittura, sospensione “giustificata” dei diritti umani furono i Mondiali di calcio in Brasile e Argentina.
In Brasile, nel 2014, il collettivo di giornalisti “Acción directa – Prensa libre” li etichettò come i Mondiali della “tortura e degli omicidi” a causa delle azioni di repressione e violenza della Polizia di Stato avvenute nelle grandi città per “ripulire” le strade da una povertà che non poteva rimanere a portata di telecamera.

In un passato meno recente, nel 1978, i Mondiali in Argentina avvennero sotto la dittatura militare del generale Videla: campioni del mondo furono proprio gli argentini, festanti dopo la finale vinta al “Monumental” di Buenos Aires, a 500 metri di distanza dall’ESMA (Escuela de Mecánica de la Armada) dove si stavano compiendo crimini contro l’umanità nell’indefferenza accentuata dall’euforia calcistica collettiva.






Dittature, massacri e omicidi non c’entrano in questo 2021 contraddistinto da un’estate di calcio europeo dove, a pensarci bene, la nostra dimensione critica – quella di alcuni, almeno – è chiamata a una prova di forza tra gli strascichi di una pandemia ancora presente e l’esaltazione nazionale per un’Italia che vince e convince.

Non è questione di essere anti-sportivi, anti-Italia o di non esultare come matti all’approdo degli Azzurri in finale (eccome se ho esultato!), l’argomento della nostra trattazione volge piuttosto sull’attenta mistificazione comunicativa che sa un pò troppo di PRESA PER I FONDELLI: sia da parte delle fonti giornalistiche televisive che dalle pagine social delle Istituzioni.

Cosa intendo?
Martedì sera, dopo la vittoria contro la Spagna con conseguente approdo in finale, milioni di italiani si sono abbracciati, assembrati, smascherati e ritrovati in ogni dove, dalle nostre città alle spiagge, dalle strade fino ai parchi. Ci mancava questa energia, è vero e indubbio. A Firenze migliaia di persone si sono riversate sulle vie cittadine bloccando il traffico dei viali, scuotendo le auto e facendo un gran “marasma”, per dirla alla fiorentina.

Tutto ciò che per un anno e mezzo ci è stato ordinato di non fare (minacciando multe salatissime) è stato fatto. Come in guerra – un paragone estremo e azzardato ma più volte tirato in ballo durante l’emergenza sanitaria – il nostro Stato di Diritto riconsiderato dal Covid19 è venuto meno, in una sospensione legittimata dalla vittoria dell’Italia, dello Stato Italia sullo Stato Spagna, con il rischio di veder tradito anche il principio di legalità (come accaduto nell’episodio di pestaggio di un rider da parte di alcuni tifosi sovraeccitati a Cagliari).






Eppure, il mercoledì mattina, i festeggiamenti covid free non hanno destato nessuna voce di polemica nè si è gridato allo scandalo sui social come avvenne, per esempio, per l’Abetone preso d’assalto, per i Navigli a Milano, per Firenze affollata sotto Natale o per la movida in piazza Santo Spirito. Nessun Sindaco o Presidente di Regione se l’è sentita di porsi qualche domanda nella piazza pubblica dei Social, sarebbe stato altamente IMPOPOLARE e i “MI PIACE” avrebbero scarseggiato. Ogni telegiornale ha passato serenamente le immagini delle piazze italiane in festa e gli abbracci di fronte al rigore di Jorginho con annesse interviste dei giornalisti. Scelta editoriale, legittima, di un argomento di indubbio interesse nazionale al quale poi, in terzo o quarto piano seguivano il covid19 e l’immancabile – in questi giorni – notizia delle condizioni di salute di Papa Francesco che nel nostro Stato laico non possono mancare

Però, poi, è giovedì…
Annacquata l’euforia del mercoledì e conclusa la sospensione si torna alla normalità, anche nel fare informazione e raccontare la quotidianità a cui siamo abituati da marzo 2020. Così le immagini del tifo vengono nuovamente sostituite da: “Pericolo variante Delta”; le interviste agli italiani con la bandiera tricolore diventano nuovamente: “Crescono i contagi, oltre 1000 al giorno”. Immancabile, nella stessa misura del giorno prima, l’aggiornamento sul Papa.

Addirittura nel tg mattutino sulla Rai c’è un servizio sui dubbi di riapertura delle scuola a Settembre e sul mantenimento delle mascherine in classe. C’è da sentirsi “presi per il culo”: davvero vogliamo ancora parlare di DAD, presenza al 50%, concerti vietati e teatri chiusi?
I Sindaci, nel frattempo, sono tornati a fare i loro post da “vigili” e l’ordinanza spot di Firenze ha allentato la presa ma si è rinnovata con la conferma del DIVIETO DI STAZIONAMENTO nelle piazze (immaginatela domenica sera questa disposizione…).

Potrebbe sorgere qualche dubbio sulla credibilità di una comunicazione nazionale che volge solo ed esclusivamente al popolare, al mainstream, alle logiche della condivisione sui social, alle leggi dei follower. O forse è colpa nostra che, di mercoledì mattina, eravamo semplicemente distratti?

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