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Antella, lo storico affaccio del 19 ottobre: auguri Liberto, 100 anni di vita per i’Naldi!

Ringraziamo Andrea Rontini per contributo fotografico e di notizie storiche

Oggi, 19 ottobre 2024, Liberto Naldi compie la bellezza di 100 anni.  Un secolo di vita. A raccontare chi è e chi è stato Liberto, fotograficamente e ripercorrendo la sua vita, è stato il compaesano antellese Andrea Rontini, autore dell’articolo che trovate a questo link. (clicca qui)

Liberto, nato nel 1924, ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza durante il ventennio fascista, la seconda guerra mondiale, le ristrettezze economiche, il boom degli anni ’60, vivendo le numerose ere del Novecento, i suoi drammi e le sue rinascite. Nato all’Antella, in via di Montisoni, terzo figlio di Attilio Naldi e Adele Tacconi. 

Chissà se anche oggi, giorno storico per la comunità antellese e indimenticabile per i’Naldi, Liberto si affaccerà alla sua finestra al primo piano di via dell’Antella, dove il centenario vive e monitora la vita in paese. Quell’affaccio è il suo spaccato sull’Antella e per fare gli auguri a Liberto sapete già dove andare: pensate che i’Naldi abita “sotto i viali” da quando aveva 6 mesi, da sempre praticamente, con il trasferimento della famiglia da Via di Montisoni a Via 5 Maggio (così si chiamava in epoca fascista).

Come ci racconta il blogger e fotografo Andrea Rontini, tra il 1930 e 1935 Liberto frequenta la scuola elementare di Antella, in via Pulicciano, con la maestra Ponsi e i maestri Sassi e Ferrini.  Stiamo parlando di 90 anni fa ma alcune cose, come la scuola Michelet che molti antellesi hanno frequentato, esistevano già.

Vi raccontiamo un altro aneddoto storico, vissuto da Liberto: dalla sua abitazione affacciata sull’Isone, la famiglia Naldi osservò inerme la tragica alluvione che colpì l’Antella nel 1936; Liberto aveva 12 anni quando vide trascinate via dall’acqua fangosa le casse da morto provenienti dal cimitero, completamente alluvionato. Terminati gli studi, Liberto imparò il mestiere di calzolaio lavorando  da Venni Modesto (Loris classe 1914).

Siamo ancora nel periodo bellico che giunse ad una data spartiacque del conflitto mondiale in Italia e della nostra storia contemporanea: l’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio. Gli italiani dovevano scegliere da quale parte schierarsi, con enorme rischio per la vita di ciascun giovane (Liberto non aveva neanche 20 anni): unirsi ai repubblichini di Salò (pena la fucilazione per i renitenti alla leva, come purtroppo accadde nel ’44 a 5 ragazzi fucilati a Campo di Marte) oppure scegliere le formazioni partigiane?  I suoi genitori lo spingono per accettare la leva e Liberto obbedisce: come racconta ancora Rontini,

“Liberto si trova in un treno  diretto al Nord, ma si dice che vada in Germania; il treno viene bombardato a Mestre e Liberto viene portato all’Ospedale Militare di Merano Veneto, vicino a Venezia, dove trascorrerà parte della convalescenza. Fortuna vuole che nel reparto ci sia un commilitone fiorentino che aveva lavorato con suo padre Attilio; lo informa che all’indomani un camion sarebbe partito per un ultimo viaggio in direzione Firenze per il ritiro di materiali bellici presso l’ Officine Galileo. Se vuole, può unirsi a loro. Liberto, che nel frattempo aveva escogitato la fuga dall’Ospedale Militare con altri due compagni, prevista anch’essa per il giorno seguente, è incerto. Tuttavia, seppur a malincuore per la parola data, opta per tornare a Firenze in camion. Dalle Officine Galileo di Sesto scapperà e prenderà un treno per Firenze, poi con il tram 23 arriverà a casa. Negli anni che seguirono fino alla Liberazione, Liberto, come tanti altri suoi coetanei, dovette nascondersi.

Nel dopoguerra Liberto scoprì un ottimo intuito per gli affari e lavorò per la Cooperativa “La Rinascita” che univa artigiani calzolai; avviò anche una collaborazione con una società di Milano e con le “case di tolleranza o case chiuse” di Firenze, ancora aperte (sarebbero state chiuse nel 1958): grazie a Liberto, la Cooperativa stipulò dei contratti con alcune di esse per rifornire le ragazze dei propri capolavori artigianali, scarpe eccentriche adatte al luogo e al mestiere.

Liberto si fece notare all’Antella anche per l’acquisto di una Lambretta, era il secondo paesano a possederne una, anche se presto decise di rivenderla, investendo il guadagno nell’acquisizione della casa di famiglia in via dell’Antella, che la sua famiglia abitava come assegnataria e non proprietaria. Negli anni ’60, poi, insieme all’amico Gianni Santoni, arrivò la scelta di rilevare il bar del Dopolavoro Ferroviario in Via Alamanni, diventando a tutti gli effetti un imprenditore e gestendo fino agli anni ’90 ben cinque attività di bar e ristorazione. 

Quest’oggi, attorno alle 16:30, il sindaco Francesco Pignotti e l’assessora Sandra Baragli, quest’ultima antellese come i’Naldi, andranno a far visita a Liberto per consegnare al neo centenario una targa commemorativa. Scegliamo una frase di Rontini per chiudere questo breve ricordo: 

Qualcuno dice che perdere un anziano si perde una biblioteca. Ma la biblioteca di Liberto è ancora consultabile.

Foto di Andrea Rontini
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