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Elezioni comunali

VIDEO / Il Chianti (alluvionato) e i suoi boschi (sotto assedio) in TV






Il Chianti, la frazione di Cintoia e i boschi chiantigiani protagonisti di un servizio televisivo andato in onda su Rai3 nell’approfondimento dedicato agli “Alberi della Vita” in “Fuori Tg” del Tg3. Nel corso della puntata la conduttrice Maria Rosaria De Medici ha introdotto l’inviato collegato da Cintoia, là dove il 15 agosto scorso il nubifragio causò l’esondazione del torrente, alluvionando le abitazioni: vi raccontammo i giorni dopo, sconcertanti, di case completamente avvolte dalle onde d’acqua fangosa e di residenti che avevano vissuto, in presa diretta, il terrore di quegl’attimi concitati.

Intervistato nel corso del servizio anche Marco Cappelletti, vicepresidente di Legambiente Circolo Chianti Fiorentino, che ha approfondito ulteriormente, con le seguenti parole, quanto espresso in TV:

“Il Chianti appare nell’immaginario collettivo come una posa di colline morbide coperte di vigneti e disseminate di antichi casolari in pietra chiara, in realtà questo immaginario è per lo più sbagliato. C’è del bosco, tanto bosco, e ci sono discreti pendii mantenuti aggregati dallo stesso, la presenza del bosco ha funzione di polmone, di riserva idrica, di difesa contro il dissesto causato adesso dai sempre più frequenti flashstorm.
Questa cosa sembra sfuggire alle amministrazioni di ogni livello.

Sono del 70, orgogliosamente figlio degli ultimi mezzadri del comune di Greve,  comune fulcro di un Chianti che ho visto stravolgere nell’aspetto morfologico e sociale; il Chianti conosciuto oggi, è un’opera di produzione industriale, che per quanto essa abbia accresciuto ricchezze nel tempo , si stacca adesso nettamente dalla originaria genuina bellezza e soprattutto dalla strutturata sostenibilità di un tempo.

Parlando di Chianti non si considera mai la  parte non coltivata,  boschi, di varia natura: querci, carpini, cerri, castagni, duglasie, e altre speci di minore presenza hanno garantito nei secoli anche attraverso una cura umana di carattere “artigianale”  il buon funzionamento del complesso sistema ambientale che protegge la presenza umana a valle.






Purtroppo, a seguito del dilagare dei consumi, alla compressione dei controlli (forestale accorpata ai cc) e alla successiva liberalizzazione dei mercati (in particolare l’assidua promozione prima europea e poi italiana delle centrali a cippato) anche questo nostro importante polmone stabilizzatore è finito sotto forte assedio, viene consumato ad un ritmo che cresce annualmente in modo esponenziale con metodi di lavoro industriali più adatti a cave che a suoli boschivi.

Amo i boschi del Chianti perchè magari soffro un po’ di nostalgia, di come il Chianti era quando ero bambino, ho molto contatto e molta conoscenza di questi suoli, e vederli compromettere così, in cosi poco tempo, per me non è accettabile.

Ma non è solo questione di nostalgia personale. Tecnicamente tali boschi sono, in questa attuale situazione climatica, più che mai indispensabili in forma integra: questo al fine di prevenire il dissesto idrogeologico e regolare acque superficiali o sotterranee, mitigare gli incrementi locali di temperatura,  immagazzinare carbonio fino ad essere garanti di biodiversità,  dettaglio non di poco conto se si considera la pressione negativa causata dalla indiscriminata promozione monocolturale di viti che avviene sul territorio fiorentino e senese e l’intensità di presenza appunto nel Chianti.

Cosi, La ceduazione (taglio boschivo estremamente riduttivo e dannoso praticato quasi esclusivamente per produrre legname da ardere, in particolare cippato per centrali a biomasse) incontrollata, sottolineerei incosciente di questi boschi sta producendo gravi effetti negativi sul territorio che si riflettono in costi non indifferenti per la collettività, costi computabili e fruibili in studi di importante autorevolezza.






La situazione del borgo basso di Cintoia ne è un po’ prova solida e visibile: il 15 agosto scorso un flashstorm di notevole intensità ha prodotto in poche ore una massa enorme e veloce di acqua e fango che ha rischiato veramente di uccidere. Se da un lato non è possibile attualmente correlare con numeri il rapporto tra tale massa distruttiva con la compromissione dei suoli boschivi a seguito di ceduazioni pesante avvenuta su pendii molto inclinati a monte, è comunque facilmente intuibile la relazione.

Serve un cambio di rotta, la mia non è una “battaglia” estetica, certo che sento la cosa con il cuore per via delle mie origini  ma la situazione, pur essendo vistosa, conosciuta e grave sembra sfuggire alle amministrazioni locali e non interessare proprio fino all’essere elusa dalle amministrazioni, in particolare quella regionale la quale, in questo momento sta adottando una politica visibilmente orientata al totale  consumo industriale di ogni centimetro di suolo boschivo.”

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