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Elezioni comunali

UNA NAZIONE FALLITA






Il bello è che c’è ancora chi si stupisce nel vedere l’astensionismo che cresce ad ogni tornata elettorale. Continuiamo ad essere circondati da presunti esperti ed addetti ai lavori, compresi i politici direttamente interessati, che si coprono la bocca inorriditi come dame ottocentesche quando sentono dire che la gente ha perso fiducia in chi li rappresenta.

Lo spettacolo offerto dalla politica per l’elezione del Presidente della Repubblica è stato desolante, deprimente e vergognoso. Allucinante il comportamento dei partiti, ridotti a inconsistenti carrozzoni dilaniati da contrasti interni, e altrettanto allucinante la disinvoltura con cui certi “candidati” hanno attraversato i giorni di elezione come fossero in lizza per la presidenza di un circolo di bocciofila.

Che fossimo un Paese alla canna del gas non lo si è certo scoperto all’esito della maratona quirinalizia, visto che già agli albori della vicenda la candidatura del pregiudicato e colluso con Cosa Nostra Berlusconi aveva gettato un’onda di fango su tutti noi. Una volta tramontata l’ipotesi Caimano, il centrodestra ha scelto di trasformarsi in una fabbrica di nomi irricevibili buttati là come pane in pasto alle anatre, e quindi inevitabilmente (e per fortuna) bruciati: Pera, Moratti, Nordio, Cartabia, Amato, Casellati, tutti passati per le forche caudine della strategia di Salvini, che voleva fare il kingmaker ma ha finito per rivelarsi nuovamente un politico mediocre buono solo per discorsi da bar.






In particolare resterà epica la figura fatta dall’ultima della lista, quella Elisabetta Casellati Vien dal Mare che si distraeva nel contare le schede poiché impegnata a capire tramite cellulare come mai oltre settanta compagni di partito e coalizione l’avessero impallinata. Naturalmente dopo quanto accaduto dovrebbe dimettersi dalla Presidenza del Senato, ma altrettanto naturalmente non lo farà. Se il centrodestra la partita l’ha giocata malissimo, il centrosinistra neppure è sceso in campo.

Incapaci persino di definire Berlusconi un inaccettabile pregiudicato (si sono limitati a definirlo “divisivo”), Pd, 5Stelle e LeU sono rimasti a guardare senza fare un passo, avanzando solo la pur nobile candidatura di Riccardi. Il risultato dell’inettitudine delle forze parlamentari è una forzatura costituzionale che segna una sconfitta collettiva: Sergio Mattarella è persona degnissima, è stato un ottimo Presidente e senza dubbio potrà esserlo anche in futuro, ma è inopportuno e sbagliato averlo eletto di nuovo.

E’ per altro la seconda volta consecutiva che si afferma il bis per il Colle; nel 2013 fu Napolitano ad essere rieletto, con la certo non trascurabile differenza che si trattava in quel caso di uno dei peggiori Presidenti della Repubblica di sempre. Non essere riusciti a trovare un solo nome decente e aver forzato la mano scegliendo la strada più semplice dovrebbe causare nella classe politica un grande disagio, con la conseguenza di scuse e prese di responsabilità.






Invece ciò a cui tocca assistere è una processione di rivendicazioni sulla scelta di Mattarella e di giubilo per essa: da Letta a Conte, da Salvini al senatore d’Arabia Renzi, tutti i leader danno fiato alle trombe per autocelebrarsi, mostrando una clamorosa scollatura dalla realtà. In questo teatrino di terz’ordine è stato protagonista anche Mario Draghi, l’acclamato Messia che ha smesso in pratica di governare per anteporre le proprie ambizioni quirinalizie, proprio nella fase peggiore della pandemia e al culmine dei problemi economico-sociali del Paese.

C’è da augurarsi che la rielezione di Mattarella non sia solo un modo per scaldare il posto qualche mese a Draghi, perché di questo apostolo delle elites ne avremmo anche abbastanza. Ormai però la cronaca ci ha abituati a tutto, quindi prepariamoci a questo e altri scenari anche peggiori. Finché la politica rimarrà ostaggio di personaggi piccoli piccoli, finché i partiti resteranno dei gusci vuoti privi di idee, visione e coerenza, questo Paese continuerà ad andare a picco: certo, più in basso di così è davvero dura.

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