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Rubare ai poveri per dare ai ricchi






Ci risiamo. Come un appuntamento fisso, a cadenza regolare torna a risuonare l’urlo isterico di chi i poveri proprio non li può vedere. Che roba contessa, questa plebaglia. Che vergogna se chi sta male riesce a passarsela un po’ meno peggio, magari senza essere umiliato, sfruttato e schiavizzato. A spararle grosse sono sempre i soliti noti, i rappresentanti del capitalismo più reazionario uniti a doppia filo a quella politica tanto liberista quanto parassitaria. L’obiettivo numero uno degli attacchi a tappeto è sempre il reddito di cittadinanza.

Carlo Bononi, presidente di Confindustria, più volte aveva parlato in passato di “Sussidistan” per schernire la misura introdotta dal primo governo Conte: i sussidi vanno bene quando sono le grandi aziende (spesso con sede fiscale all’estero) a riceverli a pioggia, mentre diventano ripugnanti quando a beneficiarne è il popolino. Pochi giorni fa l’illuminato capitano d’industria ha fatto ben comprendere qual è la visione del lavoro che hanno lui e i suoi sodali definendo il reddito di cittadinanza come una misura che “fa concorrenza ai nostri stipendi”.

Se poco più di 500 euro, che per altro in buona parte vanno a persone disabili e impossibilitate a lavorare, sono concorrenziali rispetto ai comuni salari, allora è evidente che qualcosa non quadra; il problema non è il sostegno minimo del RdC, bensì il fatto che i datori di lavoro propongono simili paghe da fame ai lavoratori applicando quasi sempre contratti precari, orari massacranti e ricatti psicologici.






E qui la questione RdC si intreccia con l’altro grande tema, il salario minimo. Un sussidio essenziale in stile RdC è previsto in alcuni dei più avanzati paesi europei, come Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi, mentre la busta paga di base esiste in ben 21 stati dell’UE, e in 6 di questi supera addirittura i 1500 euro. Come ha affermato nel policy brieff di inizio anno sul RdC Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp, “circa il 46% dei percettori del RdC risultano occupati, con impieghi tali che non consentono loro di uscire dal disagio. Basterebbe migliorare le condizioni retributive di questi lavoratori per quasi dimezzare immediatamente l’attuale numero dei percettori del RdC”; Fadda in questo report ha anche contestualmente ricordato come il RdC abbia rappresentato “un’ancora di salvezza” per 1,8 milioni di famiglie, di cui poco più di un milione ha iniziato a percepire il reddito durante la pandemia.

Tutti i dati d’altronde dimostrano che il RdC è stato un argine alla povertà e che l’introduzione di un salario minimo in Italia non è più rimandabile. Eppure, mentre addirittura chi già in Europa ce l’ha, come ad esempio Germania e Francia, lo sta alzando, da noi rimane un argomento tabù. Chi ne parla lo fa per bocciarlo, tipo il governatore di Bankitalia Visco obnubilato da infondate paure di spirali salari-inflazione, mentre chi ne tace produce un silenzio assordante.

Il riferimento è chiaramente alla politica, che nulla sta facendo per produrre concrete proposte di salario minimo. Nel governo dei migliori sono altre le priorità, tipo quella di bombardare quotidianamente il RdC sulla scia dell’amato e incensato Bonomi. A guidare la crociata dei politici contro gli aiuti ai più poveri c’è Matteo Renzi, che dall’alto delle sue retribuzioni a cinque zeri per i discorsi servili in omaggio a dittatori sanguinari (e senza aver mai lavorato un solo giorno in vita sua) è tornato alla carica con la proposta di un referendum per abolire l’odiato RdC.






Del resto il senatore d’Arabia ha una brillante tradizione come proponente referendario, quindi siamo certi andrà incontro ad un nuovo trionfo. Che la destra, compresi Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, spari a zero sul RdC e rinculi di fronte al salario minimo non desta in fondo scandalo: il problema è quello che fa la sinistra.

Magari il Pd, invece di cucirsi la bocca di fronte alle sparate dei Bonomi di turno e di non parlare mai delle condizioni retributive dei lavoratori, dovrebbe trasformare questi argomenti nei cavalli di battaglia della propria azione politica, proponendo di impiegare per il fine di quel lavoro su cui è fondata la Repubblica i denari che invece in molti al Nazareno vogliono destinare al riarmo. Già, ma parliamo di sinistra, parola che con il Pd è da tempo che non ha più niente a che fare.

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