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Elezioni comunali

Riempiremo questo vuoto






Guardando il cielo plumbeo e sentendo la pelle tagliata da un freddo e incessante vento, domenica in piazza all’Impruneta si poteva credere davvero che fosse una giornata di dicembre, di quelle in cui la tentazione più forte è di chiudersi in casa sotto l’abbraccio di una coperta. Quei quattro gazebo colorati sotto al palazzo comunale e quella piccola folla riunita lì intorno davano però un indizio diverso sulla vera natura di quel giorno: per scoprire quale fosse bisognava interrogare l’anima dei presenti, sofferta e lacrimante nell’udire un tale silenzio e nel percepire un tale vuoto.

La 94° edizione della Festa dell’Uva più antica d’Italia è corsa via senza che neppure ce ne accorgessimo, portata lontano dal vento fuori stagione che ha soffiato sul colle e chiusa per sempre nel cassetto dei rimpianti. Il Covid, impietoso giustiziere di tutto ciò su cui è passato, non ha risparmiato neppure la nostra amata tradizione, e questo settembre è trascorso in un clima surreale e ovattato, come in un salto diretto da agosto ad ottobre.

Ci siamo dovuti abituare ad andare a letto presto la sera, a mangiare da soli in case percepite come una prigione, a non avere addosso odore di ferro e mastice; ci siamo dovuti abituare a non tastare nell’aria quel senso di ansia e attesa, ci siamo dovuti abituare a non cantare con un bicchiere di vino in mano, e ci siamo dovuti abituare al desiderio quotidiano che questo settembre finisse presto, perché il dolore nel vederlo ridotto così era troppo forte.

Abbiamo insomma sperimentato cosa vuol dire vivere senza Festa dell’Uva, sensazione di cui solo i più anziani potevano avere qualche ricordo perso tra la nebbia del dopoguerra e di un paese da ricostruire.






Anche noi del Collettivo siamo stati travolti dalla triste novità di un settembre senza carro, tanto da rinunciare a scrivere i nostri consueti quattro articoli settembrini dedicati ai rioni tra storia, sfilate e aneddoti.

Ad ogni rionale è stata strappata la parte più bella e profonda, e se all’inizio del mese ancora si faticava a rendersene conto negli ultimi giorni venivano quasi le lacrime nel vedere spente le luci dei cantieri: né rosso, né bianco, né verde, né celeste, ma solo un eterno nero nelle notti di Impruneta. Riposati e annichiliti come mai prima, domenica ci siamo alzati con il morale a terra, provando poi magari a dimenticare tutto mettendo nel videoregistratore una vecchia cassetta di una qualche sfilata; nel pomeriggio siamo andati in piazza senza trucco né strani abiti, provando a cercare nel Peposo Day una consolazione per ciò che sarebbe dovuto essere e invece non era; per un attimo, prima del verdetto, abbiamo sperato che dal balcone del Comune si affacciasse il Sindaco, e un po’ le gambe ci sono tremate davvero come ogni volta; poi però il verdetto della gara gastronomica è arrivato da sotto i loggiati, e ci siamo come svegliati da un bel sogno.

Non è stato tuttavia interamente un incubo questo settembre. Lo stesso Peposo Day ha quantomeno dato colore e presenza all’ultima domenica, e soprattutto vi è stata l’inaugurazione del Museo della Festa dell’Uva, il primo del suo genere in Italia. Se è vero che la speranza è che un giorno tutti i rioni possano creare un proprio museo nelle proprie nuove sedi (ma questa è un’altra storia), è innegabile che quella aperta nelle sale del Banco Fiorentino è un’opera meravigliosa e unica, per la quale bisogna ringraziare l’Ente, il presidente Lazzerini e tutti i volontari che hanno unito le forze per regalare al paese uno scrigno di memoria, cultura e narrazione di ogni aspetto della nostra Festa.

E poi, d’altronde, dopo ogni tramonto vi è sempre un’alba. Chi domenica ha alzato lo sguardo verso il cielo, ha notato che al termine di una giornata coperta sin dal mattino da fitte nubi è filtrata una timida ma intensa luce, un raggio di sole che ha illuminato la basilica regalando uno spettacolo bellissimo: in quella luce c’è la prossima edizione della Festa dell’Uva, la quale riuscirà a superare ogni ostacolo e a venirci incontro. E quel vuoto enorme che si è creato quest’anno, come quello dietro ai quattro trattori che domenica sono entrati in piazza, sarà riempito dalla passione di ognuno di noi, per nulla disposti a togliere il rione dal centro della nostra vita.






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