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Elezioni comunali

L’alba dentro l’imbrunire






Contagi, paura, restrizioni, isolamento. Lockdown.
Sono parole che abbiamo udito per molti mesi, e che speravamo di esserci lasciati alle spalle. Giunti invece alle porte di ottobre il mostro del Covid si è ripresentato con una virulenza progressiva e inarrestabile, tanto forte da rimettere di nuovo in ginocchio un Paese che a fatica si era rialzato una volta e che adesso, con questa seconda batosta, rischia di crollare definitivamente, sia sul piano epidemiologico che sul piano sociale.

L’idea di dover adattare la nostra vita ad un indeterminato periodo di insicurezze e clausura opprimente ci spaventa, ci logora dall’interno, e specialmente alcuni si sentono crocifissi e incapaci di tirar fuori il benché minimo pensiero positivo: ristoratori, albergatori, lavoratori della ristorazione e del turismo, commercianti, imprenditori, lavoratori dello spettacolo; finanche chi non ha diretti colpi di carattere monetario, come gli insegnanti, vede comunque un grave danno al proprio lavoro, ridotto ad una sterile e fredda comunicazione davanti a uno schermo.

I pensionati, sebbene dispongano di entrate sicure, si trovano comunque minacciati nella propria serenità, a causa dell’età avanzata e dunque del maggiore pericolo che comporterebbe la contrazione del virus. Piombiamo tutti quanti nell’oscurità, un’apparente selva oscura di perduta gente.

Eppure c’è sempre una luce alla fine di un buio profondo. La speranza e la positività, compagne leali che non possono viaggiare separate, devono guidare il nostro animo e prevalere su ogni altro sentimento, perché abbiamo il dovere di ricordarci che nessun male è eterno, finché è reversibile.






Possiamo tornare a sperare partendo proprio dalle notizie di questi giorni, da immagini che associamo ormai all’angoscia ma che possono avere in realtà tutto un altro significato. Giallo, arancione e rosso, i colori con cui le autorità hanno contrassegnato le regioni in base al livello di contagio, sono prima di tutto in questo periodo i meravigliosi colori dell’autunno: non colori di malattia e morte, ma colori di stupore e vita. La nostra natura a cavallo tra ottobre e novembre è diventata come ogni anno il teatro di un sorprendente spettacolo, un caleidoscopio di tinte che ci fornisce un valido motivo per essere felici di far parte di questo pianeta.

Affacciamoci alla finestra e contempliamolo, diamogli un’occhiata estasiata mentre andiamo a fare la spesa, o se viviamo in città e non lo abbiamo di fronte facciamoci mandare una foto da un amico, magari con la dedica di potersi riabbracciare presto.

Il mondo è un posto troppo bello per maledire di esservi nati, e la natura sta lì a dimostrarcelo, d’autunno forse più che mai. E’ normale pensare alle proprie sventure, convincendosi che siano tremende e senza soluzione, ma proviamo sempre a gettare uno sguardo positivo sulle cose.

Esse non cambiano purtroppo, nessuno ha il potere di mutarle come per incanto: tuttavia assumono un aspetto ben diverso se affrontate con ottimismo e fiducia. Cerchiamo di pensare alla sofferenza profonda, quella vera, straziante, quella di chi si porta addosso malattie senza cura, o quella di chi ha toccato con mano i drammi della guerra e della fame, o quella di chi ha visto tutto il male del mondo nel corpo di un figlio che non c’è più.

Non è facile chiaramente, e queste frasi possono persino sembrare retoriche. Non abbiamo però altra scelta che far nostra la speranza se vogliamo sopravvivere all’emergenza che ci travolge. Un affetto da cui dobbiamo star lontani oggi ci ha resi felici ieri, e domani lo riabbracceremo con una felicità concepita già nel pensiero; un’azienda che oggi rischia di dover chiudere, domani riaprirà con uno slancio che non ha mai avuto.

…E il mio maestro m’insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”. Diceva tremendamente il vero Franco Battiato nella sua “Prospettiva Nevsky”. Ma finora di tramonti senza albe non ce n’è stato neanche uno.






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