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Elezioni comunali

In marcia per la Pace






Mentre la minaccia nucleare e lo scenario di una guerra permanente tra potenze smettono di essere lontani spauracchi e scavalcano l’orizzonte della nostra prossimità, c’è una parte sana della società civile che non accetta l’Apocalisse bellica a cui i folli guerrafondai di ogni latitudine vorrebbero condurci. Contro la guerra c’è bisogno di una voce forte, chiara, di un grido che unisca anime differenti e scuota le coscienze dei potenti della Terra.

È in questa direzione che va la manifestazione per la pace che si terrà a Roma il 5 novembre, animata dalla Rete nazionale per la pace e il disarmo che riunisce 80 grandi realtà dell’associazionismo. La società civile, dall’Arci all’Acli, da Agesci ai sindacati, si presenta compatta in un appuntamento che, come si legge sulla piattaforma, chiede il “cessate il fuoco subito, la messa al bando di tutte le armi nucleari e l’apertura di un negoziato per la pace”, ed esprime “solidarietà con gli ucraini e le vittime di tutte le guerre”.

Il presidente dell’Acli, Emiliano Manfredonia, ricorda come la manifestazione faccia proprio l’appello di papa Francesco, incrollabile punto di riferimento del pacifismo italiano. Gli organizzatori ci tengono a ribadire la natura apolitica dell’evento, ma è inevitabile che un risvolto politico ci sia, come lo è la partecipazione di alcuni partiti ad una manifestazione che segnerà la linea di confine netta e ineludibile tra chi vuole la pace e chi desidera continuare a soffiare sul fuoco della guerra: in piazza ci saranno il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, Sinistra Italiana, Unione Popolare ed altre forze di sinistra, ma ci saranno anche esponenti di destra.






Non si sa invece se ci sarà il Pd. Forse sì, forse no, di sicuro diviso e lacerato. Letta e compagni sono dallo scoppio del conflitto una delle più rigide voci di appoggio all’invio di armi e all’aumento della spesa militare, sin quasi a rasentare il fanatismo e – senza il quasi – a sprofondare nel ridicolo con le liste di proscrizione dei presunti putiniani promosse da alcuni parlamentari.

La cieca obbedienza servile nei confronti della Nato, e quindi degli Usa, accomuna il Pd ad altri partiti come Italia Viva, Azione, Fratelli d’Italia e Forza Italia; quest’ultima a dir la verità si trova in forte imbarazzo dopo le esternazioni del padre padrone Silvio Berlusconi, il quale tuttavia, al di là delle putride relazioni passate e presenti con Putin, ha detto una delle poche cose condivisibili della sua vita ricordando come l’Ucraina dal 2015 abbia violato deliberatamente gli accordi di Minsk e vessato le popolazioni russofone del Donbass.

Dire ciò, così come affermare che la guerra in Ucraina è cominciata nel 2014 e non il 24 febbraio, o che negli ultimi 25 anni la Nato si è allargata eccessivamente ad Est in contrasto con le promesse fatte dopo il crollo dell’Urss, non significa essere filorussi, amici di Putin o altre boiate varie, bensì semplicemente analizzare i fatti con occhio storico, critico e razionale, anche per poter gettare le basi di una pace che deve per forza vedere i due contendenti venirsi incontro e decidere di rinunciare a qualcosa.

Purtroppo siamo lobotomizzati da una stampa che tifa per armi a pioggia e sa ripetere unicamente che c’è un aggressore e un aggredito, dimenticando di quello che abbiamo scritto sopra e di tante altro ancora. Una certa classe politica va dietro e ripete tale narrazione, e infatti siamo arrivati addirittura alla proposta di Calenda di organizzare una contromanifestazione rispetto a quella del 5 novembre, un corteo che dovrebbe ribadire la fedeltà assoluta ai padroni occidentali.

In questa delicata fase storica non abbiamo bisogno di guerrafondai, né tantomeno di servi e di ipocriti. Quello di cui necessita il dibattito pubblico è un ritorno all’analisi libera e storica dei fatti, e in contemporanea di un grido unitario a favore del cessate il fuoco e della progressiva smilitarizzazione, non solo del teatro di guerra ma di tutte le super potenze, vere manovratrici degli scontri in suolo ucraino.

E’ importante perciò essere presenti, per chi potrà, all’evento romano in programma fra due settimane. Ma anche chi resterà a casa ha il dovere morale di iniziare a creare un lessico di pace, perché la corsa verso l’abisso può ancora essere fermata, ma ha bisogno dell’urlo appassionato di tutti noi.






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