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Elezioni comunali

Il circo dei miserabili






In piena pandemia globale, con l’emergenza sanitaria che ha sferrato un secondo virulento colpo dopo quello di marzo e la conseguente emergenza economica che condiziona il presente e si staglia nel futuro prossimo come un terribile spettro, ci si aspetterebbe che la politica mostrasse unità, responsabilità e senso dello Stato. Le divisioni tra le forze politiche non possono essere cancellate o immolate sull’altare della concordia anti-Covid, ma si potrebbe, o meglio dovrebbe trovare un punto d’incontro per rendere il dibattito meno aspro e lavorare verso una comune direzione.

Nell’impossibilità di costruire un ponte tra maggioranza e opposizione, ci si aspetta perlomeno che il governo si mantenga compatto e affronti le importanti sfide di un simile momento con coesione, nella consapevolezza, da parte di ogni sua singola componente, che una caduta dell’esecutivo avrebbe risvolti catastrofici su un Paese già allo stremo.

Il cosiddetto governo giallo-rosa sta regalando invece uno spettacolo tanto incredibile quanto penoso, prigioniero di liti, ambizioni e giochi di potere che rischiano di mandare l’Italia ad elezioni nel caos più assoluto, nonché nell’impossibilità materiale di organizzare gli eventuali seggi. L’alternativa all’abisso del voto anticipato sarebbe una soluzione gradita da molti opportunisti e incorreggibili inciucioni, i quali da tempi non sospetti paventano governi di larghe intese con Draghi o qualche altro tecnico al comando e nel mucchio un mosaico di forze, tra cui i nuovi Messia della responsabilità di Forza Italia.

Invece di portare l’acqua al comune abbeveratoio dell’uscita dall’emergenza, i gruppi e gruppettini della maggioranza portano ognuno l’acqua al proprio mulino, in un trionfo dell’egoismo e della cialtroneria politica. All’interno dei 5Stelle la fronda contraria alla riforma del Mes ha tenuto banco per giorni, salvo poi piegarsi all’evidente necessità di finirla con simili baracconate finalizzate solo ad avere un quarto d’ora di visibilità, per altro totalmente negativa dal momento che questi valorosi irriducibili ignorano la differenza tra un voto sulla modifica del Mes e uno sul suo utilizzo (in cui il no sarebbe senza dubbio giustificato, i casi Grecia e Portogallo insegnano).

Quando la questione grillina ha però iniziato a rientrare, ecco che si è palesato l’ennesimo ricatto del politico più odiato del Belpaese: Matteo Renzi, convinto che il miracolo di Natale possa avere effetti anche sulla sua Italia trasformandola da Morta in Viva, gioca la carta dell’opposizione al Recovery Plan, spacciando il tentativo suo e dei suoi corifei di decidere a chi dare le grosse fette di torta del denaro europeo con un nobile dissentire di natura politica, perché “noi non vogliamo poltrone”.

E’ straordinario come un individuo che dovrebbe essere fuori dalla politica da 4 anni, dopo il fallimento di un referendum che stando alle sue parole avrebbe portato tra i tanti benefici quello di impedire “i veti dei partitini”, adesso con un partito-sultanato del 2% tenga in ostaggio un intero governo, giocando a colui che può staccare la spina in ogni momento. Un atteggiamento meschino e deprecabile, ma quantomeno alla luce del sole. Diversamente infatti, il Pd rimane nell’ombra, facendo fare il lavoro sporco di picconate a Conte al suo ex segretario e seguendolo, in una curiosa sindrome di Stoccolma, verso prospettive di governissimi; alcuni punti di questa intesa sono già venuti fuori in Aula, come nel voto contro la proposta di patrimoniale che ha unito anche il Movimento 5 Stelle.

D’altronde, chi lo dice che la sinistra deve schierarsi dalla parte di chi ha meno e chiedere un contributo a chi ha di più? Antiquariato da ‘800, al massimo. Di fronte a questa desolazione puntellata da inutili frondisti e primedonne senza palcoscenico, la destra rimane seduta a godersi lo spettacolo, pop-corn in mano e sondaggi in crescita. Continuiamo così, facciamoci del male, direbbe Nanni Moretti. Che tanto mica siamo nel peggior anno dai tempi del diluvio universale.






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