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Elezioni comunali

IL CARICO RESIDUALE






Nel luglio del 1995, quando le truppe serbo-bosniache del generale Mladic arrivarono a Srebrenica, di fronte alla base Onu di Potocari andò in scena la selezione di chi poteva rimanere in vita e di chi doveva morire. Le donne, i bambini e i vecchi furono fatti salire sugli autobus e portati nelle zone sotto controllo musulmano; gli uomini tra i 14 e i 65 anni furono radunati con la scusa di dover individuare criminali di guerra e furono portati nei boschi, o in alcuni casi semplicemente in capannoni a pochi passi dalla base Onu, per essere giustiziati e poi sepolti in fosse comuni.

Il bilancio non ancora definitivo di quel genocidio è di 8372 vittime. Pochi individui – il generale Mladic, i suoi più stretti ufficiali e i loro capi politici dell’autoproclamata Repubblica serba di Bosnia – si arrogarono il diritto di decidere della vita di migliaia di persone, condannando a una morte di fatto anche coloro che vennero risparmiati: donne senza più mariti, madri senza più figli, figli senza più padri. Quello che sta accadendo in questi giorni nel porto di Catania rimanda un po’ a quelle immagini di fine secolo.

Prima che qualcuno si scandalizzi, è chiaro che non si stanno certo mettendo sullo stesso piano i due fatti. A Catania non c’è nessun Mladic, nessuno sarà giustiziato e i medici mandati dal governo non finiranno all’Aia come molti miliziani serbi. Quando però si vedono esseri umani trattati come merci, quando si assiste alla cinica distinzione tra chi ha il diritto a sbarcare e chi invece deve rimanere sulla nave dove soffre da settimane per essere riportato da dove è partito, la mente non può non tornare a certe buie pagine di Storia.

“Carico residuale”: così i migranti da riconsegnare sono stati definiti nel documento prodotto dal Ministero dell’Interno. Come fossero materiale da container, prodotti di import-export.






All’epoca della schiavitù ad essere definiti carico erano proprio gli schiavi neri prelevati dall’Africa e stipati sulle navi negriere, abissi di barbarie dove gli esseri umani non erano più tali. Fare i forti con i deboli è un’abitudine antica di molti governanti. La destra italiana ne ha fatto un tratto distintivo ormai da decenni, alimentando una propaganda becera per parlare alla pancia delle gente e rivendicare una presunta difesa dei confini.

Non si capisce bene quale minaccia possano portare sacche di disperati che fuggono dal passato con l’incertezza del futuro, o almeno non si comprende come possano essere più pericolosi degli evasori fiscali, dei corruttori, dei mafiosi, dei lobbisti di armi o delle forza straniere vogliono trascinarci nell’apocalisse nucleare: tutte categorie che il governo Meloni non pare avere una gran voglia di contrastare.

La questione immigrazione non è risolvibile con operazioni di ignobile selezione e scarto di individui, prima di tutto perché il dovere di salvare vite è un principio sancito dalle leggi del mare, dalla nostra Costituzione e non ultima dall’etica. Non si può prescindere dall’assistenza a chi rischia di annegare. Chiaramente il problema è reale, rappresenta un tema da anni spinoso e per il quale nessuno ha realmente proposto soluzioni efficaci, né tantomeno umanamente accettabili. Sono infatti pochissimi coloro che hanno la coscienza pulita quando si parla di trattamento dei migranti.

Nel fronte delle opposizioni il primo ad essersi macchiato di gravi colpe è il Partito democratico, il cui Ministro dell’Interno Minniti nel 2017 siglò i vergognosi accordi con la Libia con cui furono creati i lager nel deserto per bloccare gli sbarchi. Tutt’altro che immacolato è anche Giuseppe Conte, attualmente il più autorevole e credibile leader del mondo della sinistra: gli ignobili decreti sicurezza del governo gialloverde firmati da Salvini furono sostenuti anche dall’allora premier. Viene davvero da chiedersi quale sarebbe l’atteggiamento di una certa politica e di una parte del popolo italiano se questa gente che arriva dal Mediterraneo non avesse la pelle scura. I profughi ucraini sono stati accolti a braccia aperte e in numeri consistenti (giustamente!) tra sorrisi e approvazione, mentre chi viene dall’Africa e dal Medio Oriente viene visto con diffidenza, per non dire disgusto e talvolta puro razzismo.






Abbiamo perso la capacità di provare empatia, e di metterci nei panni del prossimo. Chi di noi, se davvero a casa propria stesse così bene come spesso sentiamo dire, metterebbe se stesso e la propria famiglia su una bagnarola col rischio di finire in fondo al mare?

Non possiamo definirci essere umani se impediamo che sia dato aiuto a chi ne ha bisogno, anche solo semplicemente dando ristoro momentaneo a una nave di disperati. I quali poi, alla fine, sono gli unici veri elementi concreti nel nostro inutile fumo di discorsi.

Persone sfinite, con gli occhi vuoti, pieni di paura e di dubbi sul domani. Come quelle della Geo Barents di Catania, carico residuale della coscienza naufragata di ominicchi senza pudore.

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