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ET-COCH, il “flow” di Ettore e Cosma: creazione di un progetto in itinere

Articolo di Lucrezia Caliani, storica dellArte






Ettore Petrioli e Cosma Barbafiera: in una parola Et-coch.
Amici, compagni e complici nella creazione di una loro personale forma di espressione, che in qualche modo si avvicina a quella della video-art, un progetto in itinere che ha nella semplicità dell’improvvisazione e dell’imprevedibilità i suoi punti di forza.

I lavori di Et-coch non si spiegano, vanno guardati, non visti, vanno proprio guardati e senza aspettarsi troppe esegesi, finali con frasi illuminanti che spiegano il senso di ciò che si è appena visto. I video sono un susseguirsi di sensazioni e emozioni, sono un racconto guidato ora da una voce, ora da uno strano filo rosso di immagini. Ognuno ci trova il senso che ha bisogno di scoprire, il messaggio che ha bisogno di leggere, lo stimolo di cui è alla ricerca, il ricordo che aveva voglia di dissotterrare.

Quindi, senza sperare in risposte troppo specifiche ma comunque curiosi di scoprire qualcosa in più su questi lavori, abbiamo fatto due chiacchere con Ettore e Cosma per provare a capire come nasce la loro collaborazione e come si originano i loro lavori.






Ettore e Cosma, voi non avete una formazione da video-maker come va tanto di moda dire oggi, avete studiato tutt’altro nella vita giusto? Come siete approdati dunque a produrre video?
“Vero, abbiamo studiato architettura e comunicazione, due materie che poco hanno a che vedere con i video apparentemente. È vero però che questi studi in qualche modo ci hanno aiutato; l’architettura certamente gioca il suo ruolo nel costruire una certa geometria delle immagini e una materia come la comunicazione contribuisce ad avere una nuova prospettiva, allargata, ad approcciarsi a diverse culture e sfaccettature che il mondo degli studi antropologici può offrire.”

Siete amici e collaborate nella creazione di questi video, ma come vi siete conosciuti?
“Ci siamo conosciuti grazie al teatro, attività a cui entrambi ci siamo avvicinati e appassionati molto negli ultimi anni. In particolare con Underwear Theatre, un teatro essenziale in cui gli spettacoli sono il frutto di un lavoro collettivo, laboratoriale, dove tutto è in movimento, in costante esplorazione e mutazione. Underwear Theatre è il frutto del lavoro di Filippo Frittelli, regista e attore fiorentino indipendente che da oltre 15 anni lavora nel teatro contemporaneo. Filippo ci ha insegnato a lavorare con il nostro corpo, sul gesto e con lui abbiamo imparato a interagire in gruppo, assecondando gli istinti.”

Quindi il teatro è stato complice della vostra amicizia ma ha un’influenza anche suoi lavori video?
“Non solo, anche nel modo di vivere il quotidiano; il teatro è una ricerca di sé, un modo per ‘scattivarsi’; risponde alla voglia intrinseca in ognuno di voler sentire sfrigolare qualcosa dentro. La strada intrapresa con Filippo e con Underwear Theatre è stato l’avvio di un percorso per cercare di capire il proprio valore e comprendere e apprezzare fino in fondo la propria libertà. Tutto ciò si ripercuote nei nostri video.”

Voi spesso girate con un furgone, prendete e partite, magari senza nemmeno sapere bene per dove. Anche questo fa parte di quella libertà a cui accennavate prima?
“Sì, certo, e fa parte anche di una certa idea di fare teatro itinerante. Ci dà la possibilità di spostarci liberamente per fare le riprese che a volte sono improvvisate, quando ci troviamo davanti agli occhi quell’immagine che cercavamo ma che fino a quel momento non sapevamo di cercare.”

Imprevedibilità e improvvisazione dunque sono le vostre parole chiave?
Sì, la voglia di filmare qualcosa, qualcosa di bello spesso è così: imprevedibile e improvvisa.”

Quindi niente dei vostri video è deciso a tavolino fin dall’inizio, neppure i testi che accompagnano le immagini?
“No, anzi non c’è nemmeno un procedimento fisso; non possiamo dire se nascano tassativamente prima le riprese o i discorsi che li accompagnano. A volte abbiamo delle riprese e ci capita per caso tra le mani il testo perfetto per accompagnarle. A volte i testi nascono da chiaccherate e confronti tra di noi, a volte ci facciamo stimolare dalle immagini stesse; a volte abbiamo in mano delle riprese che semplicemente ci erano sembrate belle all’inizio e che poi trovano il loro senso quasi da sole.”

Quindi non c’è un processo fisso che genera i vostri video eppure sembrano bene o male inscrivibile tutti in uno stesso ‘flow’…
“No, non c’è un processo fisso, ma esiste un meccanismo ‘generativo’ che si sviluppa in itinere e che ha generato in tutti i lavori una sorta di flow appunto, comune a tutti: si tratta di una sorta di unico filone in cui l’elemento costante è l’obiettivo ovvero far sì che le persone credano di più in loro stesse e allo stesso tempo si facciano delle domande.”

Avete qualche anticipazione da darci sul prossimo lavoro in cantiere?
“L’unica cosa che possiamo dire per certo è che non ci rifletteremo troppo!”






Articolo di Lucrezia Caliani
Sono nata in un caldissimo agosto del 1991 a Firenze e ho sempre vissuto a Bagno a Ripoli; mi sono innamorata dell’arte da bambina, guardando un poster di Mirò appeso nel mio salotto. Da allora non ho mai perso questa passione che mi ha portato a laurearmi in Arte Contemporanea all’Università di Firenze e a proseguire gli studi per la laurea magistrale. Mi piacerebbe trasmettere questo amore per l’arte contemporanea e dare il mio contributo per avvicinare quante più persone possibili a questa materia, che potrebbe sembrare lontana e incomprensibile ma riserva sorprendenti bellezze.

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