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Elezioni comunali

Che fine ha fatto l’App Immuni? Una novità per “salvare” un fallimento dichiarato






Che fine ha fatto l’App Immuni? L’avete scaricata con entusiasmo e vi siete imbattuti nella sua quasi totale inutilità? L’avete scaricata con scetticismo e lasciata lì, come un reperto fossile, accanto a Spotify? Non ci avete mai creduto e pertanto, non scaricandola, avete contribuito al suo insuccesso?

Avete notato che l’App voluta dal Governo e sviluppata da Bending Spoons SPA, dopo i primi mesi di martellamento mediatico, pubblicità televisive e banner pubblicitari online, è stata riposta silenziosamente nell’armadio dei fallimenti?

Dietro a tanti quesiti, la certezza risiede purtroppo nella sua effettiva inefficacia: il “contact tracing” governativo che doveva prevenire e individuare il contagio, supportando il lavoro delle sanità locali, non è mai decollato, svelando piuttosto il flop della strategia di tracciamento tramite l’App Immuni.

La conferma è arrivata, nei mesi successivi al lancio di “Immuni” – avvenuto il 1° giugno 2020 – con la nascita di iniziative analoghe regionali come la app lombarda “AllertaOm” o la siciliana “SiciliaSiCura”. La riprova, inoltre, è arrivata dal caos territoriale sul tracciamento vissuto anche dalla nostra Toscana nel periodo di transizione dall’estate alla seconda ondata covid19.






Un anno pandemico dopo, l’esito è stabilito: Immuni ha fallito e continuerà a fallire malgrado l’ultima novità con la quale è stata implementata l’applicazione. Quale?
Dal 7 aprile l’aggiornamento disponibile dell’app prevede che siano gli stessi utenti risultati positivi al virus ad avviare in autonomia il tracciamento contatti stretti; se prima il tracciamento doveva avvenire attraverso i sanitari, rivelatisi tra i principali (se non il principale) punti deboli dell’App, adesso il cittadino contagiato potrà far scattare il sistema di avviso a tutti gli altri utenti Immuni con cui sono stati a contatto stretto (a patto che i contatti abbiano scaricato l’app).

Tuttavia, anche questo nuovo servizio – ultimo tentativo per “risollevare la baracca” – si basa su una strategia che, in Italia, per vari motivi, non funziona: la base volontaria. Chiedere agli italiani di scaricare l’App e lasciar loro la facoltà di scegliere, malgrado l’emergenza in corso, è il primo grande nodo rimasto non sciolto: dopo 1o mesi l’App è stata scaricata da quasi 10 milioni e mezzo di persone su una popolazione di oltre 60 milioni (ai quali vanno tolti gli under 14), lontani dal 60% fissato come limite per dar giusta efficacia all’app stessa.

E allora addio tracciamento attraverso la tecnologia, la stessa che sta facendo fuori una grande fetta di popolazione che deve essere vaccinata. La cosa non disastrosa di questa faccenda potrebbe essere – usiamo tuttavia il condizionale perché le informazioni a riguardo sono scarse – il costo non ingente dell’App: al di là dell’impegno pubblicitario, sembra che Bending Spoons abbia concesso gratuitamente al Governo Italiano una licenza perpetua per l’utilizzo del software che, per esempio, con le medesime funzionalità, è costato alla Germania circa 20 milioni di euro.

Al di là dei costi prettamente economici, l’App Immuni ha richiesto impiego di competenze, forze, tempo. Un insuccesso che, forse, ha deviato l’attenzione su possibili app molto più utili, come quella lanciata negli States per evitare lo spreco di vaccini: mentre in Italia si sollevava il putiferio mediatico portando persino Le Iene a parlare del “medico fiorentino che aveva vaccinato il figlio con una dose avanzata”, negli USA è nata l’App Dr.B: nel tentativo di immunizzare quante più persone possibili, il cittadino americano può prenotarsi tramite l’app per vaccinazioni “last minute” per cui, senza criteri prioritari relativi a categorie sociali, si viene chiamati se avanzano dosi già scongelate che altrimenti verrebbero buttate. Intelligente, no?






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